PSALM 90
per coro misto, organo e campane (1923-1924)
di Charles Ives
Charles Ives fu un compositore volontariamente isolato dal mondo musicale a lui contemporaneo, ma per molti aspetti profetico e visionario. La sua opera è stata tardivamente apprezzata.
Psalm 90, per coro, organo e campane, fu abbozzato negli anni 1894-1901, ma compiuto e rivisto intorno al 1923-1924. Ives si è espresso favorevolmente in merito a questo suo lavoro, forse perché, in esso, era riuscito ad esprimere e sintetizzare al meglio la sperimentazione in campo armonico con le dottrine mistico-trascendentali, con la profondità, l’ampiezza e la drammaticità che sono contenute nel salmo stesso.
La composizione si suddivide, sostanzialmente, in due parti. La prima (vv. 1-13), più tetra e contrastante, in cui l’uomo teme la collera di Dio e soffre per la propria precaria condizione («come erba spunta al mattino e a sera è falciata e avvizzita»).
La seconda (vv. 14-17), più luminosa e omogenea, in cui si apre per l’uomo, riconciliatosi con Dio, una speranza di gioiosa ed eterna contemplazione («Saziaci al mattino con la tua grazia: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni»).
Psalm 90 è una composizione di straordinaria modernità. L’intero pezzo poggia sul do basso tenuto, per tutto l’arco del tempo, dal pedale dell’organo. Come l’Ison dell’antico canto bizantino (“la presenza dell’Eterno”). Spuntano i quartenakkord (“la creazione”) e formazioni accordali, eccezionalmente ampie (policordi), per sovrapposizioni di terze (“l’ira di Dio”).
Ci sono schizzi sonori, in un contesto pressoché atonale. Ecco cosa compare nel versetto 10 («Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo»).
È celebre il passaggio in corrispondenza del versetto 9 («Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira, finiamo i nostri anni come un soffio»). Un’ondata sonora che culmina con un impressionante cluster di 22 suoni. Una struttura palindroma (situata, tra l’altro, al centro dell’intera composizione): accelerazione-decelerazione, apertura-chiusura, addensamento-rarefazione.
Ancora un palindromo al versetto 12 («Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore»). Una sequenza melodica ascendente-discendente di 7 triadi. I suoni fondamentali degli accordi seguono la successione della scala esatonale (Do, Sib, Sol#, Fa#, Mi, Re).
Ma stupefacente è tutta la II parte del pezzo. Una lunga coda, in cui alle voci e all’organo (solo registro salicionale, come prescritto), si aggiunge un carillon di campane (3 campane e un gong basso). Campane “in distanza”, come precisa lo stesso Ives. Ma la distanza è data anche dallo scarto tonale tra gli ostinati delle campane e la tonalità d’impianto. Si tratta di una disposizione fonica che espande lo spazio sonoro in direzioni sublimi, lontano, in pianissimo («Discenda su di noi la bellezza del Signore, nostro Dio»). Una visione della “città celeste”; un caso, ante litteram, di spazializzazione sonora.
Dopo Psalm 90, Ives non ha composto altro di significativo. Non male, però, Psalm 90, per uno che di mestiere faceva il direttore di una compagnia di assicurazioni!