M. Zuccante: Caro Mario, nel ruolo di fondatore e direttore de “I Piccoli Musici” di Casazza, tu hai ottenuto meriti e riconoscimenti assai apprezzabili. Le affermazioni nei più importanti Concorsi nazionali ed internazionali, gli inviti a festival e stagioni concertistiche di prestigio in Italia e all’estero, la partecipazione ad eventi radiofonici e televisivi, le registrazioni discografiche, testimoniano l’alto livello artistico raggiunto dal coro e l’elevata professionalità del tuo mestiere. Alle considerevoli attività che ho citato, vanno aggiunte le collaborazioni nell’ambito di produzioni sinfonico-corali e di allestimenti di opere teatrali. Vorrei circoscrivere la nostra conversazione a questo tipo di impegni, iniziando col chiederti quali sono state le premesse che ti hanno portato a coinvolgere il coro in progetti teatrali di elevata complessità.
M. Mora: Fare musica con i bambini è un’esperienza bella e gratificante ma il lavoro deve essere paziente e proporzionato all’età, deve essere continuativo nel tempo per crescere con il bambino stesso. Nella scuola “I Piccoli Musici” i bambini iniziano la propedeutica a partire dall’età di 4 anni e il canto dai 6 anni come pure la lettura della partitura. Quando arrivano, attraverso i corsi preparatori alla formazione da concerto hanno maturato una buona musicalità e capacità espressiva. Ecco che sono pronti per l’avventura attraverso concerti e incisioni. Dopo anni di attività concertistica ci è stata chiesta, per la prima volta nel 1999, dal Teatro Donizetti la partecipazione alla stagione lirica del Circuito Lombardo con l’opera Carmen di Bizet. Furono nove recite suddivise tra i Teatri Donizetti di Bergamo, Ponchielli di Cremona, Grande di Brescia e Fraschini di Pavia. In un primo momento l’impegno mi spaventò perché le recite erano precedute da undici prove in teatro che richiedevano molto tempo, vista anche la durata dell’opera, pensavo ai rientri a tarda notte dalle varie città, ma fu un’esperienza che i ragazzi seppero affrontare con impegno, responsabilità e soddisfazione e, pur essendo in periodo autunnale, non mancò mai nessuno, nemmeno per i malanni di stagione!
M. Zuccante: Fra gli aspetti tecnici che tu affronti nel preparare il coro a sostenere la sonorità di una grande orchestra e gli spazi del palcoscenico, credo che sia basilare quello della vocalità. Consigli ai tuoi ragazzi delle modificazioni nell’emissione vocale, o la loro impostazione rimane la medesima che utilizzano nei concerti a cappella?
M. Mora: Voglio rispondere a questa domanda raccontando proprio il primo impatto con il direttore d’orchestra alla prima prova della Carmen. Dopo aver eseguito il pezzo di fronte al maestro responsabile del coro misto che aveva apprezzato la bella vocalità e impostazione, alla prima prova con l’orchestra il direttore concertatore fermò il coro e disse letteralmente: «bambini, non dovete cantare così bene, dovete cantare nel naso, siete un coro di monelli…». Io rimasi perplesso, ma pensai che forse chiedeva solo più spontaneità. Infatti già alla seconda prova si complimentò con i ragazzi che non avevano certo cambiato impostazione vocale, ma affrontavano la parte con più disinvoltura. Sono convinto che non esistono tecniche vocali diverse a secondo del repertorio, ma bisogna puntare sempre ad una corretta emissione vocale dei bambini sulla cui base il gusto, la cultura, l’esperienza di chi li istruisce potrà differenziare i diversi stili per il raggiungimento di risultati esecutivi desiderati. I bambini in teatro possono essere sì carini e divertenti, ma ancor più possono essere bravi artisticamente.
M. Zuccante: Una robusta padronanza vocale (che certamente non manca al tuo coro), è sufficiente per affrontare le insidie del palcoscenico, o essa va sostenuta da un’altrettanto solida preparazione musicale? Immagino che i tuoi ragazzi sappiano assecondare immediatamente le richieste del direttore, grazie alle loro competenze e alla maturità musicale generale che possiedono.
M. Mora: Grazie al costante lavoro settimanale durante l’anno con prove a sezioni e insieme, oltre alle lezioni di solfeggio, indipendenti dalle lezioni di coro, i ragazzi raggiungono una buona elasticità musicale, pronti ai cambi di tempo e di dinamiche che eventualmente il direttore concertatore in teatro può richiedere.
M. Zuccante: Il compito del maestro del coro in teatro è alquanto ridimensionato, poiché le scelte interpretative spettano prevalentemente al direttore d’orchestra. Credo, inoltre (ma dimmi se sbaglio), che a volte il tuo lavoro di rifinitura e cesello sul suono e sul fraseggio, sia stato vanificato da successivi interventi grossolani. Quali sono stati, finora, i tuoi rapporti con i direttori d’orchestra? Hai incontrato qualche direttore che si è dimostrato particolarmente sensibile nel valorizzare le potenzialità espressive del coro di bambini sulla scena?
M. Mora: Credo di essere stato fortunato perché ho sempre apprezzato quanto è stato richiesto ai ragazzi e come questi hanno risposto, sia nella partecipazione in opere di grande formazione scenica, sia nelle opere per bambini, come pure in opere sinfoniche. È chiaro che in teatro la preoccupazione maggiore è quella della sonorità e questa ricerca va a discapito delle sfumature e dell’inflessione della voce, ma diversi direttori come ad esempio Riccardo Chailly apprezzavano del mio coro la voce chiara, il suono morbido, l’intonazione. Helmut Rilling invece con l’orchestra della Rai per la Passione secondo Matteo di Bach, voleva un coro di 30 maschi. La direzione artistica dell’orchestra rispose che in Italia era difficile trovare un coro di soli maschi… alla prima prova mi chiese di far cantare ai miei ragazzi il primo corale a voci scoperte, ma dopo solo due battute disse senza tanti complimenti: «bella pronuncia e bel suono, proviamo con l’orchestra».
M. Zuccante: Negli allestimenti teatrali il regista impone la sua visione dello spettacolo. Egli rappresenta un’altra figura con la quale il maestro del coro deve collaborare e con il quale deve trovare un compromesso tra le esigenze musicali e le posizioni e i movimenti sulla scena. Quale è la tua esperienza in merito?
M. Mora: Ho conosciuto dei registi molto validi che hanno veramente saputo trasformare i ragazzi. Alcuni coristi sono stati subito spontanei e disinvolti sulla scena, ma altri hanno fatto più fatica e devo dire che veramente il regista ha saputo far emergere qualità che nemmeno il ragazzo stesso conosceva! Anche per questo è un’esperienza educativa, ho visto sorridere chi, nei rapporti di tutti i giorni non sorride quasi mai o anche realizzarsi chi all’apparenza sembra timido ma si è ben lasciato coinvolgere dalla sceneggiatura. Anche i costumi in teatro vengono indossati con particolare piacere e eccitazione e aiutano ad immedesimarsi nella parte. Naturalmente bisogna riuscire a conciliare il movimento con il canto… tutto si impara se c’è determinazione ed entusiasmo.
M. Zuccante: Come riescono i tuoi ragazzi a conciliare le fatiche degli spostamenti, la disciplina del lavoro in teatro, la tensione della prestazione sulla scena, con la quotidianità delle loro occupazioni e dei loro impegni di studio? Suppongo che i tempi lunghi delle prove e l’orario degli spettacoli li sottoponga (assieme alle loro famiglie) a sacrifici e rinunce di una certa entità.
M. Mora: Quando il bambino entra a far parte della formazione da concerto sa che l’esperienza è bella ma impegnativa: due prove settimanali a cui non deve mancare, tanti concerti, tanti viaggi anche lunghi. I più grandi si sono abituati, sono pazienti ed hanno un comportamento spesso davvero esemplare, i più piccoli… devono imparare da loro! Devo però dire che è un gruppo ben affiatato, carico di entusiasmo e ancor più di amicizia e stanno piacevolmente insieme. Sono in genere ragazzi che non hanno nessuna difficoltà anche a scuola per cui recuperano facilmente le lezioni scolastiche (anche di parecchi giorni) che perdono. Sembra proprio che anche l’attività musicale li renda più ricettivi, più inclini all’ascolto, alla concentrazione e allo studio. Ho sempre avuto anche genitori che capivano le esperienze uniche che i loro figli potevano fare a questa età magari non ripetibili.
M. Zuccante: Non di rado i compositori hanno inserito, accanto al coro di voci bianche, una parte da solista per qualche bambino. Si prospetta, quindi, un compito particolare per il maestro del coro. Come affronti la preparazione per questo tipo di ruoli?
M. Mora: Anche lì bisogna cercare il bambino più adatto al personaggio che però abbia anche le caratteristiche vocali necessarie… certamente non tutti i bambini del coro potrebbero cantare da solisti. Devo dire che in un’opera pochi anni fa ho insistito per un bambino solista, che inizialmente il regista non condivideva, ma in cui io riponevo molta fiducia, ottenendo veramente un ottimo risultato finale: anche se era quasi alla muta della voce ha saputo interpretare il personaggio (Donizetti bambino, Il Piccolo cantore) con vocalità e timbro brillante, molto ricco e carico dell’emozione del personaggio bambino e adolescente che deve fare la scelta del suo futuro; il tutto vissuto dopo un primo approccio timido con una presa molto disinvolta e sicura del palcoscenico. Nelle opere di Britten come Il Piccolo Spazzacamino e L’Arca di Noè, dove oltre al coro viene richiesto un numero considerevole di voci soliste, è stato utile aver già affrontato in passato e tuttora aver in repertorio, le stupende pagine Missa Brevis e A Ceremony of Carols. Affrontare partiture così complesse per ampiezza, articolazione, originalità di linguaggio, sono state per il coro occasioni di crescita senza precedenti.

M. Zuccante: Finora abbiamo parlato delle collaborazioni, ma non vanno dimenticati gli spettacoli che “I Piccoli Musici” hanno interamente autoprodotto, sotto la tua direzione. In particolare, trovo significativo il recente allestimento dell’operina Brundibar. Quali difficoltà hai dovuto affrontare in questo lavoro, sia dal punto di vista artistico-musicale, che da quello organizzativo?
M. Mora: Ho particolarmente apprezzato quest’operina, perché oltre ad essere piacevole musicalmente ha molteplici scopi educativi: il ricordo della shoah; la fiaba racconta la speranza segreta e profonda di chi l’ha composta, il desiderio che il bene vinca sul male. L’avevamo conosciuta anni fa e mi era piaciuta molto ma non avevo condiviso proprio l’allestimento del registra che proponendola ai bambini aveva evidentemente pensato di sdrammatizzarla con pupazzi, allora appena possibile ho desiderato produrla. Dovendo ridurre la partitura orchestrale mi sono affidato a te che l’hai sapientemente rielaborata per gli strumenti che avevo a disposizione; ho dovuto pensare all’allestimento del palcoscenico, i genitori si sono preoccupati dei costumi, ho chiesto a un regista di realizzare la coreografia tenendo conto anche di alcuni principi di base a cui tenevo… e ho aggiunto una presentazione teatrale per introdurre l’argomento storico… Un’esperienza faticosa che ha coinvolto anche insegnanti e ragazzi della scuola di musica agli strumenti e che ha reso ancora più partecipi le famiglie.
M. Zuccante: Infine, Mario, dopo averti ringraziato per la tua disponibilità, vorrei chiederti ancora un’ultima riflessione. Esprimi una valutazione sulle opportunità formative che i tuoi piccoli cantori possono sperimentare, praticando l’arte del teatro, ad arricchimento non solo del loro bagaglio musicale, ma, più in generale, della loro crescita personale e culturale.
M. Mora: Lavorando in teatro con grandi orchestre, direttori, registi, cantanti, ballerini ecc. i ragazzi hanno la possibilità di costruirsi un bagaglio culturale e musicale che li accompagna per tutta la vita. Hanno la fortuna di affrontare e conoscere opere e grandi capolavori musicali che solitamente nell’attività di un coro di voci bianche non si affrontano, con la possibilità di rafforzarsi nel carattere e nella loro sicurezza personale affrontando grandi platee, emozioni e rischi. Concludendo potrei dire che tutto questo e le altre esperienze che i ragazzi possono fare in un coro, li portano ad apprezzare tutto ciò che è bello e autentico: l’amicizia, l’impegno, la passione, l’arte, con la finalità di cantare insieme, ma maturando dei valori che vanno ben oltre.
[Choraliter, n. 26 Maggio-Agosto, Ed. Feniarco, 2008]
Mauro Zuccante, Laudes creaturarum, Piccoli Musici di Casazza, Mario Mora, direttore |
Mario Mora ha studiato pianoforte, organo e musica corale. E’ fondatore (1986) e direttore artistico della Scuola di Musica e del Coro “I Piccoli Musici” con il quale svolge un’intensa attività artistica con concerti, incisioni, collaborando con Teatri, Orchestre e direttori quali Riccardo Chailly, Romano Gandolfi, Helmuth Rilling, Gabriel Garrido, Rudolf Barshai, Claus Peter Flor, Jeffrey Tate, Wayne Marshall, Steven Mercurio, Peter Schreier. E’ docente di corsi, convegni ed atelier nazionali e internazionali, sulla vocalità infantile rivolti a cori di bambini, direttori e insegnanti: Levico Terme, Macerata, Genova, Arezzo, Malcesine, Jesolo, Loreto, Salerno, Lugano, Riva del Garda, Brescia, Bergamo, Trento, Università degli Studi Roma 3, Montecatini Terme, Bassano del Grappa. E’ stato premiato quale miglior direttore al 29° Concorso Nazionale Corale di Vittorio Veneto, al 5° Concorso Corale Internazionale di Riva del Garda e al 26° e 28° Concorso Corale Nazionale di Quartiano E’ membro di giuria in Concorsi nazionali e internazionali. Con il coro I Piccoli Musici ha partecipato a concerti trasmessi da R.A.I. – MEDIASET – TV e Radio Svizzera; in particolare nel 2007, 2008 e 2010 il Concerto di Natale trasmesso da RAI UNO in EUrovisione dalla Basilica di Assisi. E’ inoltre docente in qualità di Maestro e Direttore del Coro di Voci Bianche della Scuola Diocesana di Musica S. Cecilia di Brescia. Nell’anno 2001, è stato nominato da Papa Giovanni Paolo II “Cavaliere dell’ordine di San Silvestro Papa” per l’attività educativa e musicale svolta in favore dei ragazzi. La Fondazione “Guido d’Arezzo” gli ha conferito il premio alla carriera “Guidoneum Award 2008” |