«Improvviso il mille novecento
cinquanta due passa sull’Italia:
solo il popolo ne ha un sentimento
vero: mai tolto al tempo, non l’abbaglia
la modernità, benché sempre il più
moderno sia esso, il popolo, spanto
in borghi, in rioni, con gioventù
sempre nuove – nuove al vecchio canto –
a ripetere ingenuo quello che fu».
[…]
P.P. Pasolini, da Il Canto popolare
Modelli di trascrizione del canto popolare per coro:
traduzione semplice e rielaborazione personale
Un compositore, che si accinge a trascrivere per coro una melodia di origine popolare, si trova di fronte alla scelta tra due modalità di trattamento della melodia stessa, le quali, per finalità, valore estetico e tipo di impegno, sono nettamente distinte e non confrontabili: la prima è quella della traduzione semplice, la seconda è quella della rielaborazione personale.
Mario Lanaro
A mezzanotte in punto, canto popolare per coro di voci miste, adattamento di M. Lanaro
Nel primo caso, il compositore subordina la propria personalità artistica, opera da tramite, da medium; egli, ponendosi su un piano epico-oggettivo, si mette nei panni del traduttore rispettoso: cioè di colui che trascrive un canto, affinché sia tramandato, oltre che nella sua forma monodica originale, anche in quella polifonica corale («Ecco allora il coro svolgere la funzione di trait-d’union fra coloro che tramandano ed i posteri che ricevono la tradizione», A. Sacchetti, L’interpretazione del canto degli alpini, in “Atti del Symposium sul canto alpino tradizionale”, a cura di E. Casagrande e L. Daniele, Vittorio Veneto, 1979). L’adozione del modello della traduzione semplice acquista il valore di un’operazione di conservazione e restauro nell’ambito del repertorio dei canti popolari. I contenuti del testo e i valori musicali di quest’ultimi, infatti, entrano nel repertorio dei cori, senza subire le mutazioni di un intervento eccessivamente marcato da parte del musicista-trascrittore. Anzi, egli opera dall’esterno, come un artigiano restauratore che mette a servizio dei canti popolari la sua perizia tecnica.
Albino Perosa
Ce bielis maninis, canto popolare per coro di voci miste, adattamento di A. Perosa
I connotati attraverso cui possiamo affermare che un lavoro appartiene alla categoria della traduzione semplice, sono i seguenti: le strutture intervallari e ritmiche della melodia originale sono conservati inalterati; la melodia è affidata quasi sempre alla voce superiore; l’armonizzazione è omoritmica, prevalentemente a tre-quattro parti; l’armonia diatonica prevale su quella cromatica e le soluzioni accordali sono quelle convenzionali già implicite nella melodia; il discorso polifonico, quando c’è, si limita a brevi passaggi imitati, o a sporadici accenni di canone; lo stesso impianto armonico-formale è mantenuto identico per tutte le strofe; le eventuali varianti di contenuto nel testo letterario sono assai raramente sottolineate da analoghe variazioni nell’andamento musicale; il timbro ha un valore secondario e permane omogeneo ed inalterato per tutta la durata del canto.
Questi connotati stilistici sono riconducibili alla prassi di esecuzione polivocale estemporanea diffusa anticamente nelle regioni dell’Italia settentrionale («L’insieme vocale è costituito da tre gruppi di cantori il primo dei quali comprende le voci acute e sviluppa la melodia, il secondo composto dalle voci mediane sviluppa un controcanto, quasi sempre seguendo la melodia a distanza di una terza o di una sesta inferiore ed il terzo, comprendente le voci gravi, dà sostegno all’edificio armonico ponendo i suoni fondamentali degli accordi», A. Sacchetti, cit.).
Camillo Moser
Dammi la man biondina, canto popolare per coro di voci miste, adattamento di C. Moser
Vari sono gli esempi di traduzione semplice di melodie popolari che si trovano anche nella produzione di compositori colti del passato: le bizzarre Moresche arrangiate polifonicamente da O. di Lasso, le rustiche Villotte del Fiore di F. Azzaiolo (a proposito di queste composizioni di F. Azzaiolo, G. Acciai sottolinea «il loro collegamento con l’autentica tradizione popolare», G. Acciai, note introduttive a Villanelle e Villotte a quattro voci dispari, Milano, 1981), i Corali luterani armonizzati in stile lineare a quattro parti da J.S. Bach, la raccolta dei Deutsche Volkslieder di J. Brahms.
Fra i molti canti popolari proposti dai cori amatoriali, quelli che costituiscono il repertorio del Coro della SAT di Trento, ed in particolare quelli trascritti da L. Pigarelli (Cfr. L. Pigarelli, Ai preat, per coro maschile, in “Sui monti scarpazi, 50 canti popolari italiani e stranieri dal repertorio del coro della SAT”, Trento, 1973) e A. Pedrotti (Cfr. A. Pedrotti, Dove sei stato mio bell’alpino, per coro maschile, in “Canti della montagna”, Trento-Bolzano), rappresentano degli esempi che aderiscono fedelmente al modello della traduzione semplice.
Jürgen Jürgens
Ninna nanna, canto popolare per coro di voci miste, adattamento di J. Jürgens
Ci sono stati (e, ahimè, persistono!), molti tentativi, da parte di musicisti forniti di scarso bagaglio tecnico, di inserirsi nel filone della traduzione semplice. Ma il risultato del loro maldestro lavoro danneggia, anziché favorire, l’autenticità del canto popolare stesso («L’ambizione, il desiderio di nobilitare la melopea con gli accorgimenti più disparati, forse logici poeticamente e musicalmente, ma completamente assurdi dal punto di vista della conservazione del canto, nocque al canto stesso, snaturandolo e rendendolo falso ed impersonale», A. Sacchetti, cit.).
L’altra modalità di impiego di una melodia popolare di cui il compositore dispone è quella della rielaborazione personale. In questo caso il musicista si pone su un piano lirico-soggettivo e persegue finalità espressive individuali. Poco conta l’integrità della melodia originale, sulla quale finisce per prevalere un contesto sonoro e formale di libera invenzione. Insomma, la melodia è interpretata come uno spunto dal quale scaturisce qualcosa d’altro, oppure è citata in un contesto volutamente estraneo ad essa, oppure è rivissuta come vaga reminiscenza o insinuante allusione, oppure è evocata in virtù dei suoi poteri di definire una situazione arcana, e così via.
Aldo Cicconofri
L’innamorata morta, canto popolare per coro di voci miste, adattamento di A. Cicconofri
Alcuni dei tratti stilistici che individuano una rielaborazione personale sono i seguenti: il dato melodico originario subisce modificazioni attraverso varianti di ritmo e intervalli, aggiunta o sottrazione di interi incisi; la forma strofica elementare viene dilatata per mezzo di preludi, postludi, interludi di libera invenzione; i consueti canoni di armonizzazione sono sostituiti da procedure più libere, irregolari e capricciose: accordi dissonanti stridono volutamente in contrasto con il carattere diatonico della melodia, risoluzioni eccezionali prendono il posto delle cadenze più naturali; il timbro acquista un ruolo preminente nella determinazione del contesto sonoro in cui si evolve il canto; la linea melodica viene spezzata in frammenti che generano artifici contrappuntistici, a volte particolarmente complessi e raffinati; i cambiamenti delle situazioni descritte nel testo si riflettono in una mutazione di carattere anche nella parte musicale; lo spessore sonoro, dato dal numero delle parti in gioco, muta in funzione della richiesta di varianti timbriche.
Questi indicatori stilistici sono riconducibili al linguaggio evoluto e alle modalità espressive dei compositori colti, le cui opere corali sono frequentate da cori che, seppure nell’ambito dell’amatorialità, si distinguono per un impostazione di repertorio più accademica.
Angelo Mazza
Mamma mia mi son stufa, canto popolare per coro di voci miste, adattamento di A. Mazza
Esempi di rielaborazione personale di melodie popolari si trovano nelle parafrasi dei grandi polifonisti rinascimentali (ci riferiamo alle innumerevoli messe e mottetti che utilizzano materiale melodico di provenienza profana come cantus firmus), nelle composizioni corali di ispirazione popolare di Z. Kodály e B. Bartók (sulle opere corali di Z. Kodály si può dire, in generale, che rivelano l’impegno di conciliare due tradizioni: la spontaneità del folklore ungherese con la pienezza della polifonia vocale di Palestrina).
Anche nel repertorio dei cori amatoriali sono presenti lavori di musicisti che hanno compiuto scelte di rielaborazione personale. A titolo di esempio si possono citare, tra gli altri, alcuni brani di F. Corti, in cui si apprezza l’originalità di soluzioni nella dimensione timbrica (Cfr. F. Corti, Storia, per coro maschile, Roma, 1986) e di B. Zanolini, in cui emerge la propensione per il fiamminghismo nella condotta delle parti (Cfr. B. Zanolini, Varda là, per coro maschile, in “Armonie in Concorso, Opere premiate e segnalate al VII Concorso Internazionale di Composizione ed Elaborazione corale, Trento 1992”, Roma, 1993).
Giorgio Federico Ghedini
Dove vai Madonna mia?, canto popolare per coro di voci miste, adattamento di G.F. Ghedini
Aver individuato due modalità di impiego della melodia popolare nella trascrizione per coro, nettamente distinte e, per alcuni versi, antitetiche, non significa aver formulato un giudizio a favore dell’una o dell’altra. Anzi, come già detto, i due modi, quello della traduzione semplice e quello della rielaborazione personale, non sono confrontabili, in quanto presuppongono finalità diverse. Spetta al committente e al compositore concordare gli scopi della trascrizione: se la melodia è oggetto da conservare e tramandare, mantenendone integri i dati che la caratterizzano, o se la melodia è un materiale con il quale il compositore si può liberamente confrontare e uno spunto dal quale generare un’opera dai contenuti estetici autonomi.
Mauro Zuccante
Il Coro ARS NOVA di Monteforte d’Alpone nel 1994