In principio fu Eric Whitacre nel 2009, con il Virtual Choir. Milioni di visualizzazioni per un video che fu anche una fortunata operazione di marketing pop. Palliativo di un ideale abbraccio sonoro universale. Dico palliativo perché, complice la tecnologia, si tratta di un trapasso illusorio da monadi che cantano, a monadi che ascoltano. Di fatto, celebrazione dell’isolamento.
Nell’attuale condizione di distanziamento sociale, molti cori stanno riesumando, in proprio, l’esperienza del virtual choir. Si sa, quando le proposte si moltiplicano, l’interesse si satura, e guardiamo questi video con un certo disincanto. Ma è umano lo sforzo di tener vivo un briciolo di coesione tra le persone.
Diceva Karlheinz Stockhausen, a proposito dell’ascolto dal vivo: « […] è necessario ascoltare nelle grandi sale. Lo spazio è spazio, è aria. È necessario avere un grande volume per muovere le molecole nell’aria. Questa è un’esperienza musicale speciale per la pelle, molto corporale».
A proposito, ricordo di aver assistito a Milano, nel 1984 (36 anni fa!), alla prima rappresentazione di Samstag aus Licht, opera dello stesso compositore tedesco.
Nell’ultima parte di questo spettacolo, Lucifers Abschied, un coro di 39 monaci circonda gli ascoltatori fisicamente e acusticamente. Sorprendenti ondate sonore tagliano l’aria in tutte le direzioni, voci singole e giaculatorie di massa avvolgono l’udito in una spirale di sensazioni, per una durata temporale, invero, abnorme.
Posso testimoniare che, pur a distanza di anni, non c’è ancora surrogato tecnologico che possa restituire la fisicità e il fascino di quell’esperienza di ascolto dal vivo in uno spazio reale.
https://www.youtube.com/watch?v=aW_hmyEWq0M