Musiche di Mauro Zuccante, Voce recitante di Paolo Cagnazzo
Federico De Roberto, da La paura, 1921, #3
Monte Nero
Spunta l’alba del sedici giugno,
comincia il fuoco l’artiglieria.
Il Terzo Alpini è sulla via
Monte Nero a conquistà.
Monte Nero, Monte Nero,
traditor della vita mia!
Ho lasciato la casa mia
per venirti a conquistà!
Per venirti a conquistare
abbiam perduto tanti compagni,
tutti giovani sui vent’anni:
la loro vita non torna più.
Colonnello che piangeva
a veder tanto macello:
“Fatti coraggio, Alpino bello,
che l’onore sarà per te!”
Arrivati a trenta metri
dal costone trincerato,
con assalto disperato
il nemico fu prigionier.
Federico De Roberto, da La paura, 1921, #4
Dove sei stato mio bell’alpino?
“Dove sei stato,
mio bell’alpino?
Dove sei stato,
bell’alpino,
che ti ha cangià colore?”
“L’è stata l’aria
dell’Ortigara.
L’è stata l’aria
dell’Ortigara
che mi ha cangià colore.
È stato il fumo
della mitraglia.
È stato il fumo
della mitraglia
che mi ha cangià colore.”
“Ma i tuoi colori
ritorneranno,
Ma i tuoi colori
ritorneranno
questa sera a far l’amore.”
Federico De Roberto, da La paura, 1921, #5
Ai preât la biele stele
Ai preât la biele stele,
duç i sants dal Paradîs
che il Signôr fermi la vuère,
che il gno ben torni al paîs.
Ma tu stele, biele stele,
va’, palêse ’l gno destin.
Va’ daûr di che montagne,
là ch’al è ’l gno curisin.
Federico De Roberto, da La paura, 1921, #6
Bersaglier ha cento penne
Bersaglier ha cento penne,
ma l’alpin ne ha una sola,
un po’ più lunga, un po’ più mora:
sol l’alpin la può portar.
Quando vien la notte nera
e la valle s’addormenta,
in mezzo al freddo e la tormenta
sol l’alpin non può dormir.
Se l’alpin da rupe cade,
non piangete nei vostri cuori,
perché se cade, va in mezzo ai fiori:
non gl’importa di morir!
Su pei monti vien giù la neve,
la tormenta dell’inverno.
Ma se venisse anche l’inferno,
sol l’alpin può star lassù.
Federico De Roberto, da La paura, 1921, #7
Ta-pum ta-pum
Venti giorni sull’Ortigara
senza cambio per dismontà…
Ta-pum ta-pum ta-pum
Ta-pum ta-pum ta-pum
Se domani si va all’assalto,
soldatino, non farti ammazzar!
Ta-pum ta-pum ta-pum
Ta-pum ta-pum ta-pum
Quando poi si discende a valle,
battaglione non ha più soldà.
Ta-pum ta-pum ta-pum
Ta-pum ta-pum ta-pum
Nella valle c’è un cimitero,
cimitero di noi soldà…
Ta-pum ta-pum ta-pum
Ta-pum ta-pum ta-pum
…cimitero di noi soldati,
forse un giorno ti vengo a trovà…
Ta-pum ta-pum ta-pum
Ta-pum ta-pum ta-pum
Il Capitan de la Compagnia
Il Capitan de la Compagnia
si l’è ferito e sta per morir
e manda a dire ai suoi alpini
perché lo vengano a ritrovà.
I suoi alpini gli manda a dire
che non han scarpe per camminà.
“O con le scarpe o senza scarpe
i miei alpini li voglio qua!”
Cosa comanda, sior Capitano,
che i suoi alpini sono arivà?
“E io comando che il mio corpo
in cinque pezzi sia taglià.
Il primo pezzo al Re d’Italia,
che si ricordi dei suoi alpin.
Secondo pezzo al Battaglione,
che si ricordi del suo Capitan!
Il terzo pezzo alla mia mamma,
che si ricordi del suo figliol.
Il quarto pezzo alla mia bella,
che si ricordi del suo primo amor.
L’ultimo pezzo alle montagne,
che lo fioriscano di rose fior…”
L’addormentato nella valle di Arthur Rimbaud
È una gola di verzura dove il fiume canta
impigliando follemente alle erbe stracci
d’argento: dove il sole, dalla fiera montagna
risplende: è una piccola valle che spumeggia di raggi.
Un giovane soldato, bocca aperta, testa nuda,
e la nuca bagnata nel fresco crescione azzurro,
dorme; è disteso nell’erba, sotto la nuvola,
pallido nel suo verde letto dove piove la luce.
I piedi tra i gladioli, dorme. Sorridente come
sorriderebbe un bimbo malato, fa un sonno.
O natura, cullato tiepidamente: ha freddo.
I profumi non fanno più fremere la sua narice;
Dorme nel sole, la mano sul suo petto
tranquillo. Ha due rosse ferite sul fianco destro.
Il Canto degli Italiani
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
«Cari genitori, fra cinque ore qui sarà un inferno. Fremerà la terra, s’oscurerà il cielo, una densa caligine coprirà ogni cosa, e rombi e tuoni e boati risuoneranno fra questi monti, cupi come le esplosioni che in questo istante medesimo sento in lontananza. Vorrei dirvi tante cose, tante, ma Voi ve l’immaginate. Vi amo, Vi amo tutti… Darei un tesoro per potervi rivedere. Ma non posso. Il mio cieco destino non vuole…»
Sottotenente Adolfo Ferrero, morto nella battaglia dell’Ortigara il 18 giugno 1917