M. Zuccante: Caro Aldo, ti conosco da anni come persona che si dedica con entusiasmo al coro, sia in campo professionale, che alla guida di complessi amatoriali. M’incuriosisce, innanzitutto, sapere com’è nata in te la passione per il canto corale.
A. Cicconofri: Ho avuto la fortuna di cantare sin da bambino in una cappella musicale che prestava servizio liturgico tutte le domeniche proponendo un repertorio polifonico. Parallelamente dall’età di sei anni ho iniziato a studiare la fisarmonica con un bravo maestro che mi ha dato delle solide basi musicali.
M. Zuccante: Tra i tuoi attestati di formazione emergono il titolo in Didattica del canto e quello in Musica corale. Credi che lo studio del canto solistico sia da conglobare obbligatoriamente tra le competenze di un maestro di coro? O ritieni che egli possa anche tralasciare questa disciplina, delegando ad un collaboratore, o a ciascun corista, il compito di curare la tecnica e la qualità della voce?
A. Cicconofri: Ritengo che la formazione vocale sia elemento essenziale per la qualità di un coro, ma sul come raggiungerla penso ci siano diverse soluzioni. Certo l’ideale è che il direttore stesso abbia una buona preparazione in questo ambito. In questo modo il lavoro del coro è senz’altro più organico e ogni prova può iniziare con un “riscaldamento” finalizzato al repertorio che verrà affrontato subito dopo. Io credo che il direttore ottenga già dei buoni risultati dal gruppo se è egli stesso un buon esempio di vocalità da imitare. Inoltre avere in mente un tipo di suono da raggiungere con il coro aiuta in ogni frangente a lavorare per conquistare quell’obiettivo. In ogni modo sia la figura del preparatore vocale che lo studio individuale dei coristi possono portare ugualmente al raggiungimento di buoni livelli. Non è fondamentale per il direttore lo studio del canto solistico, ma il saper usare bene la voce e essere capace di dare un indirizzo unico a tutto il coro nell’emissione del suono.
M. Zuccante: Mi interessa sapere come vedi dal tuo centrale punto di vista – diciamo che sei “marchigiano doc” – la diffusione del canto corale sul territorio nazionale. In particolare, ritieni che le specificità corali derivate dalle differenti tradizioni storiche, culturali e musicali siano ancora evidenti, o che da qualche tempo prevalga un modello di coro tutto sommato omogeneo?
A. Cicconofri: Negli ultimi anni grazie alla crescita della coralità un po’ in tutta Italia si sono superati molti dei retaggi legati alle tradizioni storiche e culturali delle singole regioni. Così alcune aree del nord, che erano rappresentate soprattutto da formazioni con repertorio popolare, adesso sono ricche anche di gruppi che propongono programmi di stile molto diverso. L’omogeneità a cui ti riferisci, che mi pare molto diffusa sul territorio nazionale, è dovuta soprattutto al fatto che la scelta del repertorio è legata a ciò che si ascolta, per cui, a parte pochi cori che propongono brani nuovi scoperti attraverso ricerche in biblioteca, negli archivi, nei cataloghi delle case editrici o tra i CD ascoltabili in rete, gli altri scelgono i “nuovi” pezzi del proprio programma ascoltando le esecuzioni dei gruppi che incontrano in occasione delle rassegne. Questo è veramente un po’ limitante e di poca soddisfazione in quanto spesso comporta poi la disomogeneità delle proposte repertoriali.
M. Zuccante: Circoscriviamo il ragionamento alle regioni dell’Italia centro-meridionale. Credo che, per tradizione, il canto solistico e la musica strumentale (le bande in particolare) prevalgano sul canto corale, tra le attività musicali amatoriali. Pensi che il canto corale abbia in questi ultimi decenni guadagnato maggior interesse in queste regioni? e per quali motivi?
A. Cicconofri: Posso testimoniare, per conoscenza diretta, che il canto corale si è molto diffuso in questi ultimi decenni anche nelle regioni dell’Italia centro-meridionale, che, per tradizioni territoriali e sociali, erano più legate ad altre espressioni musicali. I giovani direttori di coro sono molto preparati, hanno delle ottime basi musicali e frequentano corsi di aggiornamento. L’immagine del gruppo-coro o del gruppo-banda era più legato ad aspetti goliardici e ricreativi; mentre oggi, l’ultima generazione di direttori, cerca la qualità in tutte le sue espressioni e gli elementi aggreganti di un gruppo che si riunisce per fare musica sono diventati la qualità delle esecuzioni e il metodo di lavoro che si adotta nelle prove… I dolci e il vino a fine prova sono sempre graditi, ma non sono più elemento indispensabile.
M. Zuccante: Il tuo nome è strettamente legato ad un complesso corale della tua stessa città, il Coro Polifonico “Città di Tolentino”. Sotto la tua direzione artistica il coro ha realizzato, tra gli altri, programmi che si caratterizzano per originalità e unità tematica. Progetti che si distinguono per un’immediata piacevolezza d’ascolto. I Carmina burana di Orff, la Messa Criolla e Nadividad nuestra di Ramirez, per citare alcuni titoli. Vuoi descrivere a quali criteri ti ispiri per le proposte di repertorio?
A. Cicconofri: Le mie scelte di repertorio rispondono a tre esigenze: sollecitare continuamente l’interesse dei coristi, proporre programmi adatti alle caratteristiche del coro, scegliere programmi che possano stuzzicare l’interesse del pubblico. In pratica, visto che la nostra attività è abbastanza intensa sia come numero di prove che di concerti, cerco di creare nel corso dell’anno una varietà di proposte, anche stilisticamente diverse tra loro, facendo in modo di non contaminare uno stile con le specificità di quello eseguito precedentemente. Questo forse è possibile se si dedica ad ogni programma un tempo sufficientemente lungo (almeno un paio di mesi), ma non sempre è possibile.
M. Zuccante: Un altro filone al quale ti dedichi con particolare predilezione è quello della musica di derivazione afro-americana: gospel, spirituals. La Messa gospel di Ray e il Sacred Concert di Ellington sono alcune delle tue realizzazioni. Alcuni ritengono che questo tipo di repertorio vada lasciato a “chi ce l’ha nel sangue” (e nella laringe). Cosa rispondi a questo tipo di contestazione?
A. Cicconofri: Credo che questa contestazione oggi non abbia proprio più senso. Prendo in prestito il termine globalizzazione, che forse è più specifico del settore economico, per dire che oggi abbiamo tutti i mezzi per esprimerci bene in ambiti che fino ad alcuni decenni fa erano propri di culture lontane dalla nostra. Non dimentichiamoci che i cori stranieri che ascoltiamo al Concorso di Arezzo, ad esempio, affrontano spesso repertori molto lontani dalla loro tradizione. Penso sia molto più difficile per un coro nordeuropeo affrontare il repertorio rinascimentale italiano più che per noi eseguire il gospel.
M. Zuccante: Hai fondato e tutt’ora dirigi il Coro dell’Università di Macerata. L’entusiasmo e l’apertura intellettuale degli studenti costituiscono premesse ideali per realizzare progetti artistici ed esperienze umane esaltanti. Ma ci sono anche aspetti problematici da affrontare. Insomma, cosa significa fare musica all’interno di un’istituzione universitaria?
A. Cicconofri: Quella del Coro universitario è una realtà veramente singolare e molto stimolante. Si tratta di una formazione composta interamente di studenti in parte provenienti anche da paesi stranieri nell’ambito del Progetto-Erasmus. I problemi più importanti da risolvere sono relativi alla necessità di allestire subito un gruppo che possa cantare alle prime cerimonie che si svolgono all’interno dell’Università in varie occasioni (Lauree Honoris causa, Inaugurazione dell’Anno Accademico, Convegni ecc.). Non so come, ma in qualche modo, magicamente, il gruppo si forma ed affronta i primi impegni. Altre situazioni problematiche sono legate alla vocalità, alla lettura ed all’intonazione. Dedico molto tempo alla formazione vocale perché è l’aspetto che più di ogni altro evidenzia la diversità di esperienze precedenti tra gli studenti. Parallelamente inizia un corso di lettura della musica e contemporaneamente avvio lo studio di un repertorio che, per esigenze didattico-pedagogiche, è all’inizio molto vario stilisticamente, poi man mano va concentrandosi su un programma più specifico, che comprende musiche di autori italiani e brani provenienti da culture musicali di stile ed epoche molto diverse. Quest’anno, in occasione del secondo centenario della nascita di Verdi, una parte del lavoro è dedicata ai cori tratti dalle sue opere. Il “gruppo-coro” diventa di mese in mese sempre più affiatato e permette anche una rapida integrazione degli studenti stranieri, che hanno lì anche un’occasione unica di migliorare l’italiano e di stringere nuove amicizie.
M. Zuccante: Abbiamo condiviso, per alcune edizioni, il ruolo di commissari artistici del “Concorso corale nazionale” di Vittorio Veneto. Che bilancio fai di questa esperienza, soprattutto in merito alle trasformazioni ed ai miglioramenti (se ci sono stati), che si è cercato di apportare a questa rinomata manifestazione?
A. Cicconofri: Il concorso corale io credo che sia un’occasione unica di crescita per il coro, in quanto la cura con cui si prepara il breve programma da presentare nelle competizioni è senz’altro molto diversa da quella utilizzata nella normale attività annuale. Il Concorso di Vittorio Veneto è una manifestazione che negli anni ha cercato sempre di essere attuale e quindi di apportare modifiche al proprio regolamento, non pensando solo a come attrarre cori a partecipare, ma pensando anche a come poter essere di stimolo per la crescita della coralità, specie in alcune sue espressioni. Ricordo in particolare l’attenzione dedicata alla categoria “canto popolare”, quando questo settore sembrava affievolirsi, oppure la creazione della formula del “Progetto-Programma”, per stimolare l’organicità dei repertori. Un altro aspetto che mi sembra importante sottolineare è quello riguardante i rapporti con altri concorsi, volti soprattutto a favorire la riuscita di tutte le manifestazioni e la soddisfazione dei partecipanti. Da qui lo svolgimento della categoria “voci bianche” ad anni alterni e la partecipazione al “Gran premio Efrem Casagrande” del Coro vincitore del Concorso nazionale di Arezzo. Vittorio Veneto è stata anche una grande occasione per conoscere ed apprezzare oltre all’organizzatore del Concorso, Stefano Da Ros, i direttori di coro, i compositori e i musicologi più emblematici della coralità italiana degli ultimi decenni.
M. Zuccante: Oltre alla direzione di coro hai dedicato parte del tuo tempo allo sviluppo dell’associazionismo corale. Hai ricoperto incarichi di primo piano a livello locale e nazionale. Sulla base della tua esperienza, quali ritieni siano i propositi fondamentali che ispirano queste forme federative? Credi che le motivazioni sulle quali si sono stretti questi sodalizi siano tutt’ora valide?
A. Cicconofri: Debbo dire che l’entusiasmo, quando si opera in un settore che amiamo, può fare miracoli. La fondazione dell’Arcom (Associazione Regionale Cori Marchigiani) fu veramente rapida: in poco tempo riuscimmo a mettere in piedi sia l’associazione che una serie di iniziative che tuttora si svolgono. Successivamente ho avuto la fortuna di operare all’interno della Feniarco in un momento di grande sviluppo e di poter contribuire alla formazione delle associazioni regionali nelle ultime regioni che ne erano ancora prive. Inoltre la creazione di nuove manifestazioni dedicate alla coralità giovanile e la pubblicazione di tanta nuova musica sono stati momenti di grande stimolo che hanno messo in moto tante nuove energie e valide professionalità. A questo proposito vorrei evidenziare che mentre sotto il profilo musicale sono emerse tante nuove figure di grande valore a livello dirigenziale vediamo le stesse persone da troppi anni.
M. Zuccante: I Conservatori di musica, a fianco dell’ordinaria attività didattica, promuovono manifestazioni concertistiche rivolte al pubblico esterno. In qualità di docente di Esercitazioni corali sei spesso coinvolto in questo tipo di iniziative. Quali sono le produzioni più significative e che ti hanno dato maggiore soddisfazione, a cui hai collaborato o che hai promosso in prima persona?
A. Cicconofri: Da qualche anno nei Conservatori sta avvenendo una lenta trasformazione che dovrebbe portare queste istituzioni dai vecchi ordinamenti ad un nuovo assetto didattico di tipo universitario. In questo momento siamo in mezzo al guado e viviamo molte incertezze. L’unica cosa che riesce a coinvolgere tutte le energie senza incertezze sono le produzioni. Contribuire alla realizzazione di una bella opera offre grandi stimoli sia agli studenti che ai docenti, per cui ritengo che questa sia una strada da percorrere con convinzione, anche se bisogna confrontarsi con oggettive difficoltà. Le Esercitazioni corali in particolare offrono continue opportunità di cantare anche in formazioni diverse e di conoscere musiche di stili molto differenti. Credo che fare musica insieme sia un momento di grande formazione per tutti coloro che scelgono gli studi musicali, ma che offra anche un’occasione di grande piacere. Nel corso di tanti anni, con gruppi diversi, abbiamo affrontato l’esecuzione di tante opere belle ed emozionanti. Alcune le ricordo con particolare piacere e spero di poterle riproporre nei prossimi anni: Didone ed Enea di Purcell, Laudes evengelii di V. Bucchi, Requiem di Fauré, Liebeslieder di J. Brahms, Sacred concert di D. Ellington, A Ceremony of Carols di B. Britten, Te Deum di Charpentier, Messa in do min. con doppio coro di Mozart, Via Crucis di Liszt. Queste appena citate sono tutte opere che coinvolgono orchestra o gruppi strumentali più piccoli, ma interi programmi sono stati composti di soli pezzi a cappella di autori vari, dal rinascimento fino ai contemporanei (Palestrina, Monteverdi, Banchieri, Morley, Orlando di Lasso, Andrea Gabrieli, Carissimi, Brahms, Hindemith, Petrassi, Soresina, Zuccante, Bettinelli). Dato che il nostro Conservatorio a Pesaro è nato in seguito alle volontà testamentarie di Gioachino Rossini, ogni quattro anni, il 29 febbraio, dedichiamo a questo compositore un concerto tutto di sue musiche che coinvolge sempre la partecipazione del coro. Visto che stiamo parlando del Conservatorio vorrei citare anche il grande successo di partecipazione che sta riscuotendo il Corso libero di Direzione di coro, che ho avviato da alcuni anni e che vede una partecipazione sempre più ampia di studenti, tanto che da quest’anno abbiamo dovuto creare un secondo livello per coloro che avevano già frequentato il primo anno.