Le ultime pagine della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi sono travolgenti.
Come se non bastasse tutto quello che si è ascoltato prima, Verdi concentra nei due minuti conclusivi una fantasmagoria di immagini sonore estreme, che superano i limiti dell’immaginazione.
Ogni volta che ascolto questo passaggio, provo la sconvolgente sensazione di intravedere per un attimo quello che c’è dall’altra parte.
Quel do acuto del soprano solo squarcia il limite, come se fendesse il velo che separa la vita dalla morte.
Una musica che rapidamente porta allo sgomento, che trascina alla visione dell’oltretomba. Quindi, con altrettanta stringatezza, riporta alla dimensione terrena, e si spegne in una sublime salmodia.
Aveva ragione il vecchio direttore del mio Conservatorio: «Alla fine, il Beppino mette tutti nel sacco!»