L’uso di servire un piatto unico

Ho assistito a uno spettacolo di Ute Lemper e ho maturato questa impressione.

Ci sono cantanti – forse, sarebbe meglio definirli artisti – che hanno il potere di amalgamare e omologare canzoni che, in origine, presentano caratteri stilistici, espressivi e di contenuto molto diversificati.

Ora – senza nulla togliere ai meriti della performer tedesca – non mi convince del tutto un approccio che, sul piano vocale, scenico e degli arrangiamenti musicali, mischia Weill, musica klezmer, motivi di Broadway, chansons francesi e Bob Dylan in un piatto, in cui prevale un’unico – seppur originale – gusto interpretativo.

Ripeto, non è mia intenzione sminuire Lemper – si potrebbero citare altri casi analoghi di cantanti-artisti che imboccano sempre strade “a senso unico” – ma, francamente, auspicare la differenziazione interpretativa, quando gli autori e i generi sono vari, lo ritengo ragionevole. Un presupposto che, di sicuro, mette al sicuro da “tirate soporifere”.

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