Franca Floris – intervista

FFloris-1M. Zuccante: Dagli orizzonti marittimi di Alghero, dove sei nata e cresciuta, all’altipiano e alle vallate di Nuoro, dove da tempo risiedi. Franca, due volti del magnifico paesaggio sardo che, immagino, abbiano segnato la tua esistenza.

F. Floris: Il mare vissuto da algherese, la pesca, i tuffi dagli scogli e le nuotate lontana il più possibile dal turismo da sedie a sdraio, crema solare al cocco, urla insopportabili di bambini viziati e radio a tutto volume, quello sì che mi manca!
Alghero era già ai tempi di quando ero bambina la meta turistica più attrezzata in Sardegna ad ospitare una quantità di gente piuttosto impressionante cosa che mi ha fatto amare il mare soprattutto d’inverno!
I monti e in particolare la catena del Supramonte sono diventati la mia seconda casa; ho imparato ad apprezzarne i fantastici panorami, le antiche silenziose foreste, le specie botaniche uniche, gli animali schivi.
Il risultato è che non posso fare a meno né del mare né dei monti!

M. Zuccante: Tra gli altri titoli del tuo curriculum di studi, spicca il diploma in canto. Pur non avendo intrapreso la carriera di cantante, questo specifico indirizzo di studi ha avuto un’influenza sulle tue scelte successive e sullo sviluppo della tua sensibilità musicale?

F. Floris: Ho iniziato gli studi musicali all’Istituto Musicale “G. Verdi” di Alghero frequentando il corso di canto con l’assoluta convinzione, sebbene fossi giovanissima, che avrei cantato in coro o che mi sarei occupata di canto da camera e/o di liederistica.
Sicuramente è stato di grande utilità per il mio lavoro di direttore di coro aver studiato canto e per di più con una brava insegnante; naturalmente il mio percorso, una volta finiti gli studi in Conservatorio, non si è assolutamente concluso anzi, da allora è in continuo divenire anche per quanto riguarda la tecnica di canto più appropriata da utilizzare in coro.

M. Zuccante: Quali sono state le prime circostanze e a quando risale il tuo incontro con il mondo corale?

F. Floris: Ho inziato a cantare alla scuola materna dove, una suora orsolina, madre Marina, mi insegnava i canti religiosi e popolari di varie regioni italiane; in seguito ho fatto parte del coro Alguer 80 specializzato nell’esecuzione del reperortorio catalano e algherese (ti ricordo che Alghero o Alguer, è stata una colonia catalana e che qui si parla ancora un idioma catalano) e del Coro Polifonico Algherese.

M. Zuccante: Nelle varie fasi del tuo apprendistato va senz’altro annoverato l’incontro con Piergiorgio Righele. Un’esperienza ricca di stimoli artistici e che ti lega indelebilmente anche alla terra veneta.

F. Floris: L’incontro con Piergiorgio è stato illuminante: personalità forte e svincolata dal mondo accademico, uomo dall’alto profilo artistico e dotato di straordinaria capacità di trasmettere la sua arte senza risparmio grazie alle indiscusse doti umane e alla grande cultura che lo caratterizzavano.
Rendeva ogni singolo cantore consapevole delle proprie capacità e quindi protagonista all’interno del coro.
Montava un brano con una riverente attenzione verso il testo anzi, dipingeva il testo sulla musica!
Chiacchierare con lui, analizzare partiture polifoniche, sperimentare con la voce, assistere a una sua concertazione di un mottetto, di un lied o di una chanson era sempre uno “spettacolo” assicurato, una lezione di stile unica e irripetibile.
Considero l’incontro con Piergiorgio musicista una fortuna per la mia professione, l’aver cantato nel suo coro un privilegio, esserne stata amica un grande onore.

M. Zuccante: Hai fondato e tutt’ora dirigi il Complesso Vocale di Nuoro. Un gruppo che è cresciuto con te e con il quale hai condiviso importanti soddisfazioni. Vuoi sinteticamente riassumere le tappe più significative che hanno segnato questa collaborazione pluridecennale?

F. Floris: Il prossimo dicembre il Complesso Vocale di Nuoro compirà trent’anni: che dire?
Sono soddisfatta del lavoro che i cantori ed io abbiamo fatto finora, insieme.
Lavoriamo con passione e costanza, talvolta con difficoltà, consapevoli che abbiamo tanto da imparare.
Sì, siamo cresciuti e cresciamo insieme.
I cantori fanno da “cavie” consapevoli alla mia sperimentazione, mi appoggiano nelle scelte ma sanno anche essere critici nei miei confronti.
Tra di noi c’è grande rispetto.
In questi anni abbiamo ottenuto importanti riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale, cosa che ci ha inorgoglito e ripagato del lavoro e che ci sprona, tutte le volte, a continuare sulla nostra strada cercando di fare sempre meglio.
Sono grata al CVN per quello che siamo riusciti a creare in questi anni!

M. Zuccante: Con lo stesso Complesso Vocale di Nuoro hai affrontato pagine di musica corale sacra e profana, che spaziano dall’antico canto monodico, alla musica contemporanea, al genere concertante. In quale forma, epoca e stile le tue peculiarità interpretative si esprimono al meglio?

F. Floris: Potrei dire che affronto tutte le pagine della letteratura corale con entusiasmo e davvero mi viene difficile fare una scelta!
Mi è stata cucita addosso un’etichetta di “esperta di musica romantica”, cosa che mi fa davvero grande piacere e onore, perché amo la musica e letteratura romantica e proprio le letture di questa epoca hanno reso più approfondito e interessante lo studio di questi repertori, sia a cappella che con accompagnamento: Schubert, Schumann, Mendelssohn, Brahms sono autori molto amati dal CVN e dei quali allestiamo concerti monografici e a tema.
La musica antica, con una predilezione per la polifonia sacra, sa darmi gioia nello studio e nell’esecuzione. Concertare un mottetto di Palestrina è sempre un’esperienza impegnativa ma altamente gratificante. Allestire un salmo della Selva Morale e Spirituale o uno dei tanti madrigali di Monteverdi, emozionante e appaganate.
Ma anche il repertorio contemporaneo colto e non per forza di cose “di moda”, è molto stimolante e mi permette di esprimere il mio contributo interpretativo, supportato talvolta dalla collaborazione possibile con l’autore, quando questo è possibile, naturalmente!

M. Zuccante: Nel repertorio della compagine nuorese trovano spazio anche alcune espressioni corali della tipica tradizione popolare sarda. Gli arrangiamenti sono opera della mano sapiente di Antonio Sanna. Vuoi parlare delle affinità e dell’amicizia che ti legano al noto decano della musica corale sarda?

F. Floris: Naturalmente sono molto legata alla mia terra e, sebbene provenga da Alghero, la cui tradizione musicale popolare non ha radici in Sardegna, amo la musica popolare sarda, la sua peculiarità che la rende unica nel panorama nazionale e non solo.
Per quanto riguarda le elaborazioni per coro misto abbiamo in repertorio molte composizioni di Antonio Sanna al quale mi lega anche una profonda amicizia.
La realtà corale sarda si è arricchita della presenza di questo compositore e direttore di coro che è stato ed è esempio per tutti coloro che si occupano di canto corale.
La prima volta che sentii il Coro Polifonico Turritano diretto da Antonio Sanna, bambina ad Alghero, decisi che da grande sarei andata a cantare proprio in quel coro.
La vita mi ha poi portato altrove ma l’insegnamento di Sanna è stato per me molto importante.
Nel nostro repertorio trovano spazio anche composizioni/elaborazioni di melodie sarde di autori legati alla nostra terra uno dei quali sei tu, per esempio.
La tua ultima composizione scritta per il CVN su un documento sonoro originale del nord Sardegna Attitu dove la melodia affidata al mezzo soprano solo, fedele all’originale, è messa in risalto da un doppio coro che canta i versi dello Stabat Mater è un brano emozionante in cui la melodia si sposa con una nuova ed interessante elaborazione che niente toglie al fascino del “popolare”.
Ricordo altri carissimi amici compositori dei quali il CVN esegue alcuni brani legati, per lingua e melodia, alla Sardegna: l’affascinante, difficile Est una notte’e luna di P. Merku o il Man ist gerfordert di F. Resch in cui il compositore altoatesino, oltre alle launeddas sarde che suonano con le ocarine dell’Alto Adige, usa in questo ponte musicale tra Sud Tirolo e Sardegna alcuni versi di S. Satta e G. Deledda.

M. Zuccante: In virtù delle tue competenze e meriti, sei spesso stata invitata a far parte di commissioni d’ascolto in rassegne e competizioni corali. Come giudichi l’esperienza di giurato-esperto?

F. Floris: Trovo quella del giurato un’esperienza molto interessante e che contribuisce, ogni volta, alla mia crescita culturale e umana.
Oltre ad ascoltare in modo accurato, onesto e senza pregiudizi, le più svariate compagini corali, mi interessa molto osservare i diversi approcci alla direzione e la risposta del coro, il modo di presentarsi e l’aspetto umano che da ciascun coro trapela, i nuovi repertori proposti, la scoperta di tanti giovani talenti e il rapporto che con loro si instaura, la discussione che precede la votazione con i colleghi, trasmettere al direttore, quando ciò venga richiesto, le mie personali considerazioni anche quando le stesse non siano di totale apprezzamento verso la performance, sono tutti aspetti che rendono la partecipazione ad una commissione di ascolto momento interessante e proficuo.

M. Zuccante: Ti sei dedicata anche all’associazionismo corale, promuovendo iniziative di crescita, sia a livello regionale, che nazionale. Come hai vissuto questi impegni?

F. Floris: Ho creduto e credo molto nella capacità dell’associazionismo come strumento di crescita per il singolo direttore, cantore e i gruppi corali, opportunità di incontro, ascolto, confronto.
Proprio a Nuoro, nel 1990, in seguito alla partecipazione del CVN al Concorso Polifonico di Arezzo e all’invito dell’allora gruppo dirigente della FENIARCO, nacque la FERSACO (Federazione Sarda delle Associazioni Corali) di cui per alcuni mandati sono stata anche presidente della commissione artistica.
Ho anche fatto parte della commissione artistica della FENIARCO e ho vissuti questi impegni sempre con grande rispetto per la carica che investivo.
Anche queste esperienze hanno contribuito alla mia crescita culturale e umana oltre ad avermi permesso di conoscere tante interessanti persone.

M. Zuccante: Vorrei concludere, Franca, questo profilo, chiedendoti di raccontare brevemente del tuo lavoro a scuola. Che bilancio fai dell’insegnamento della musica nella scuola dell’obbligo e cosa ti aspetti, in prospettiva, dalla tua carriera?

F. Floris: Lavoro nella stessa scuola media da tanti anni e questa è la professione che mi permette di vivere, visto che sono direttore di coro per piacere e passione ma, a costo zero!
Mi chiedi un bilancio: sono un’insegnante molto soddisfatta del lavoro che fa, un’insegnante che vive il suo lavoro con passione e gioia, anche se con le difficoltà quotidiane che tutti gli insegnanti della scuola dell’obbligo italiana vivono!
Lavoro con i ragazzi con la stessa passione con la quale lavoro con il coro; cerco di tramettere l’amore per la musica, l’amore a fare musica in gruppo ma anche da soli.
Cerco di rendere i giovanissimi consapevoli della fortuna che hanno a cantare, suonare uno strumento, suonare il e con il proprio corpo. Sperimento ogni giorno, incontro nuove difficoltà, cerco di affrontarle, come tutti gli insegnanti.
E come tutti gli insegnanti constato che i ragazzi di oggi sono come i ragazzi di ieri , hanno gli stessi bisogni e sono capaci: hanno bisogno di buoni esempi, come i ragazzi di ieri, ma anche quelli di domani.
Lavoro anche con il coro scolastico che ci dà, a me e ai cantori, tante soddisfazioni!
Sessanta, ragazze e ragazzi tra i dieci e i quattordici anni, mangiamo insieme il martedì dopo le lezioni (no, non abbiamo la mensa, ma mangiamo bene, te lo assicuro!) e dalle 14.00 alle 16.00 facciamo musica.
Ginnastica, ritmica, vocalizzi e repertorio: quest’anno abbiamo allestito l’opera di Krása Brundibár nonché un repertorio che va dall’antico al contemporaneo.
Il bilancio non può quindi che essere positivo (a parte lo stipendio!) e, cosa mi aspetto dalla mia carriera? Niente di più di quello che ho già ottenuto grazie alla musica e alle persone insieme alle quali faccio musica: gioia e benessere!

Franca Floris

M. Zuccante, “Attitu” (estratto), Complesso Vocale di Nuoro, F. Floris, dir.
Franca Floris ha iniziato i suoi studi musicali ad Alghero, città nella quale è nata, frequentando il Liceo musicale “G. Verdi”.

Si è diplomata in Canto presso il Conservatorio di musica “L. Canepa” di Sassari sotto la guida di A. Chironi.

Ha studiato direzione di coro, tra gli altri, con J. Jurgens.

Insegna musica presso la Scuola sec. di I grado “P. Borrotzu” di Nuoro ed è direttore del coro di voci bianche della stessa.

E’ chiamata da enti ed associazioni a tenere corsi di vocalità, direzione ed interpretazione corale ed a far parte di giurie in concorsi corali.

Dirige il “Complesso Vocale di Nuoro” fin dalla sua fondazione.

[audio:https://www.maurozuccante.com/wordpress/wp-content/audio/MZuccante-Attitu-FFloris2014-sample.mp3]

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Brundibár – I Piccoli Musici

Hans Krása

Hans Krása

Nel 2006, in occasione del ventennale di fondazione del coro I Piccoli Musici, Mario Mora mi ha chiesto una riduzione della strumentazione di Brundibár, la celebre operina per bambini del compositore ceco Hans Krása (Praga, 1899 – Auschwitz, 1944).
La richiesta di Mario rispondeva all’esigenza di restringere l’organico orchestrale a pochi strumenti, facilmente posizionabili nello spazio limitato di un piccolo teatro, e facilmente trasportabili e sistemabili anche in altre situazioni analoghe.
Insomma, un progetto da piccolo teatro ambulante, simile a quello che ha ispirato la composizione dell’Histoire du soldat di Stravinsky.

Brundibár fu scritta nel 1938 per un concorso successivamente annullato. Il lavoro andò comunque in scena all’orfanotrofio ebraico di Praga nel 1942, quando lo stesso Krása era già stato deportato nel campo di concentramento nazista di Terezín.
Successivamente si ritrovarono internati nel campo di Terezín quasi tutti i membri del coro originale ed il personale dell’orfanotrofio.
Nello stato di prigionia, il compositore adattò la strumentazione dell’operina agli strumenti disponibili nel campo, sulla base di uno spartito per pianoforte che aveva conservato. Con questo rifacimento strumentale (flauto, clarinetto, chitarra, fisarmonica, piano, percussioni, quattro violini, un violoncello e un contrabbasso), il 23 settembre del 1943 ebbe luogo la prima di Brundibár a Terezín.

Brundibár, Terezin, cast del 1944

Brundibár, Terezin, cast del 1944

«Oltre all’intento ‘didattico’ che si rivela soprattutto nella linearità delle parti vocali, nonché nel loro essere generalmente sostenute all’unisono da uno o più strumenti, l’opera riassume felicemente alcuni dei tipici tratti stilistici maturati da Krása negli anni precedenti. In particolare risalta quella gradevole commistione fra genere serio e leggero, fra linguaggi classici, musica jazz e canzoni da cabaret, che aveva caratterizzato l’opera ‘di attualità’ (Zeitoper) degli anni venti in Germania – ma anche al Neue Deutsche Theater di Praga, ove Krása era stato maestro sostituto – influenzando parecchi compositori europei nati intorno al 1900 (Krása era del 1899). Armonie ricercate ma scabre, semplici ritmi sghembi, ripetitivi e talora ostinati, di marcette e foxtrot, parti cantate alternate ad altre recitate, in parlato. Il tutto affidato ad un organico misto che insieme alle svisature di certe frasi solistiche ‘da strada’ – di tromba, clarinetto o fisarmonica – punta ad una frequente partecipazione delle percussioni e di strumenti gravi (violoncello) usati in senso ritmico. Alle orecchie di ascoltatori che abbiano esperito certi multiformi linguaggi del Novecento, l’effetto complessivo è paragonabile a quello – sia detto in modo non rigoroso – di un linguaggio da musical». (Livio Aragona e Federico Fornoni)

Brundibar-PiccoliMusiciEnsemble

Mario Mora, “I Piccoli Musici” Ensemble strumentale

Mio compito, in definitiva, è stato quello di provvedere ad un ulteriore riduzione d’organico, rispetto alla partitura di Terezín. Un compito portato avanti nell’ottica di non snaturare il suono da “Weill-cabaret” che caratterizza il lavoro di Krása, puntualmente descritto nella citazione appena riportata.
La riduzione di Brundibár realizzata per I Piccoli Musici di Casazza prevede un organico di 6 strumentisti (flauto, clarinetto, fisarmonica, chitarra, pianoforte e percussioni). Qualche ampliamento è stato introdotto nella parte delle percussioni, mentre è stata ovviamente mantenuta l’integrità delle parti vocali.


Brundibar, "I Piccoli Musici", 2006

Brundibar, “I Piccoli Musici”, 2006

Video: Hans Krása, “Brundibár” – il suonatore di organetto – opera per soli, coro di ragazzi e strumenti, “I Piccoli Musici”, M. Mora, dir.

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Calendario pascoliano – “I puffini dell’Adriatico”

PolifonicoMonteforte – Calendario pascoliano

LUGLIO

I PUFFINI DELL’ADRIATICO

Tra cielo e mare (un rigo di carmino
recide intorno l’acque marezzate)
parlano. È un’alba cerula d’estate:
non una randa in tutto quel turchino.

Pur voci reca il soffio del garbino
con ozïose e tremule risate.
Sono i puffini: su le mute ondate
pende quel chiacchiericcio mattutino.

Sembra un vociare, per la calma, fioco,
di marinai, ch’ad ora ad ora giunga
tra ‘l fievole sciacquìo della risacca;

quando, stagliate dentro l’oro e il fuoco,
le paranzelle in una riga lunga
dondolano sul mar liscio di lacca.



GENNAIO “Nevicata”
FEBBRAIO “Viole d’inverno”
MARZO “La pieve”
APRILE “Canzone d’Aprile”
MAGGIO “In chiesa”
GIUGNO “Patria”
AGOSTO “Il lampo”
SETTEMBRE “O vano sogno”
OTTOBRE “Sera d’Ottobre”
NOVEMBRE “Novembre”
DICEMBRE “Notte di neve”

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Marco Berrini alla RSI – “Tre piccoli epitaffi”

MBerrini-1

Quello che segue è un estratto di un intervento di Marco Berrini dalla trasmissione radiofonica Jukebox 900 della Radiotelevisione Svizzera in lingua italiana. Questa puntata di Jukebox 900 (una chiacchierata con musicisti, compositori, giornalisti musicali sulla musica contemporanea, dai Beatles al jazz, dalla world music alla musica accademica), dedicata alla musica corale, è andata in onda domenica 27 ottobre 2013, alle ore 20,00, in diretta radiofonica.
Nel suo intervento Marco Berrini parla di Tre Piccoli Epitaffi, un lavoro che ha eseguito ed inciso con il Coro da Camera del Conservatorio di Alessandria e che è contenuto nel CD teenc@nta (Feniarco, FEN 002), allegato all’omonimo volume curato dalla FENIARCO (PIZZICATO, Udine, 2006, P.480 E. – ISBN 88-7736-480-7).

[audio:https://www.maurozuccante.com/wordpress/wp-content/audio/RTSI-Berrini-Zuccante-27Ott2013.mp3]

Si tratta di tre brevi composizioni per coro giovanile, a cui si uniscono due tastiere (pianoforte e organo elettronico) e piccole percussioni.
La parte letteraria sintetizza le storie esemplari di tre giovani vite, anzitempo levate dall’esistenza terrena. Ho trovato i testi leggendo le iscrizioni delle più vecchie lapidi del cimitero del mio paese. Quella della Contessina Andreina Viola, morta – ancora adolescente – di tisi nel 1931. Quella di un giovane ardito vittima, nel 1938, dei temerari ideali dell’epoca. Quella di un neonato prematuramente sottratto all’affetto dei suoi cari.
Lo stile ricalca la maniera del madrigale. In ciascun brano, prende forma un’immagine sonora (madrigalismo, appunto) che espande la commozione di un verso. Il gesto della mamma che desolatamente chiude i «grandi occhi pieni di cielo» di Andreina: voci e strumenti si spalancano in tutta pienezza. Lo slancio dell’anima ansiosa e bellicosa, che, «fascisticamente» (c’è una citazione della canzone Giovinezza), si protende e ricade dal cielo: dopo il “botto” di un cluster, voci e strumenti glissano in basso gravemente. L’azione divina che coglie e trapianta nel «giardino celeste» il tenero fiore: il dolce suono di un carillon strumentale culla le voci che dolcemente si allontanano e svaniscono in alto.

epitaffio1

1. LA CONTESSINA ANDREINA VIOLA

Gentilissimo fiore
A quanti lo conobbero
Largì profumi e sorrisi
Di giovinezza verginale
Le chiuse
I grandi occhi pieni di cielo
La mamma desolata

(1931)

epitaffio2

2. LA BREVITA’ DELLA VITA

La brevità della vita trascese
La volontà pura eroica
L’ansia dell’anima
Fascisticamente lanciando
oltre la possibilità terrena
al cielo

(1937)

epitaffio3

3. IL GIARDINO CELESTE

Eri un fiore e Iddio ti colse
Per trapiantarti
Nel giardino celeste

(1935)

M. Zuccante, Tre Piccoli Epitaffi, Coro da Camera del Conservatorio di Alessandria, M. Berrini dir.

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Calendario pascoliano – “Patria”

PolifonicoMonteforte – Calendario pascoliano

GIUGNO

PATRIA

Sogno d’un dì d’estate.

Quanto scampanellare
tremulo di cicale!
Stridule pel filare
moveva il maestrale
le foglie accartocciate.

Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose:
erano in ciel due sole
nuvole, tenui, rose:
due bianche spennellate

in tutto il ciel turchino.

Siepi di melograno,
fratte di tamerice,
il palpito lontano
d’una trebbïatrice,
l’angelus argentino…

dov’ero? Le campane
mi dissero dov’ero,
piangendo, mentre un cane
latrava al forestiero,
che andava a capo chino.



GENNAIO “Nevicata”
FEBBRAIO “Viole d’inverno”
MARZO “La pieve”
APRILE “Canzone d’Aprile”
MAGGIO “In chiesa”
LUGLIO “I puffini dell’Adriatico”
AGOSTO “Il lampo”
SETTEMBRE “O vano sogno”
OTTOBRE “Sera d’Ottobre”
NOVEMBRE “Novembre”
DICEMBRE “Notte di neve”

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Lucia Vallesi – intervista

M. Zuccante: Lucia, provieni da famiglia di musicisti argentini. Papà e mamma si sono dedicati entrambi alla musica corale. Un destino già segnato, quindi, quello tuo e di tua sorella Silvana.

L. Vallesi: Si, mia mamma era direttrice del Coro da Camera dell’Università Nazionale di Cuyo, (una formazione professionale). Mio papà, anche lui direttore di coro, ha avuto una stupenda carriera. Con il Coro Universitario de Mendoza, si è affermato, tra altri concorsi, nella prestigiosa competizione di Arezzo. Ha, quindi, ricoperto il ruolo di giurato ad Arezzo, ma anche in molti altri concorsi. Si è impegnato veramente tanto per la coralità in Argentina. Devo dire, però, che di cinque figli, solo in due siamo diventate musiciste. In ogni caso, troppi per una sola famiglia. A tavola, i miei fratelli chiedevano disperatamente che si parlasse d’altro!

M. Zuccante: Parla di tuo padre, Felipe Vallesi. Una figura illustre in patria, ma stimato anche all’estero per l’alto livello artistico che ha saputo esprimere nella sua carriera.

L. Vallesi: Mio padre è stato uno studioso, un musicista impegnato nell’attività corale, non solo col suo amato Coro Universitario, ma su tutti i fronti della coralità. Ha contribuito ad elevare assai il mondo corale, non solo sotto l’aspetto strettamente musicale. Gli sono stati attribuiti importanti meriti, fino ad ottenere il riconoscimento di membro dell’Accademia Nazionale delle Belle Arti in Argentina. Era una persona di carattere molto aperto ed amabile, ed aveva molti amici. Amato e stimato per la sua onestà intellettuale e la grandissima generosità nei confronti dei suoi colleghi. Tutt’ora mi sorprende che il suo ricordo sia ancora vivo in tantissime persone. La figura di direttore di coro, in generale, è stata importante in ambito musicale. Ma mio papà, non solo con il suo Coro Universitario, ha operato, affinché l’attività corale fosse prestigiosa per la città. Era un’uomo molto semplice. Ricordo che si alzava alle 6 tutti i giorni, per studiare e lavorare su tantissimi progetti. Non si riposava mai.

M. Zuccante: Al di fuori della cerchia familiare, dove si è compiuta la tua formazione in ambito corale e, più in generale, musicale?

L. Vallesi: Ho studiato violoncello e direzione corale presso l’Università Nazionale di Cuyo. Direzione orchestrale a La Plata (capitale della provincia di Buenos Aires). Successivamente, ho frequentato tantissimi corsi di specializzazione in Argentina, con maestri come Guillermo Scarabino, che mi ha lasciato tanto a livello tecnico. All’estero (Innsbruck) ricordo con particolare piacere un corso internazionale di musica contemporanea per direttori, sotto la guida di Eric Ericson, che già conoscevo da molti anni, grazie a mio papà.

M. Zuccante: Verso la fine degli anni ottanta – se non sbaglio – decidi di trasferirti in Italia. Perché hai scelto l’Italia? Nel complesso del panorama musicale, la musica corale in Italia non gode di un ruolo di primo piano.

L. Vallesi: Lavoravo già all’Università di Tucumàn (con il Coro da camera ed il Coro di bambini), quando abbiamo deciso di trasferirci in Italia. E’ stata una decisione presa all’interno della mia nuova famiglia (nel frattempo, infatti, mi ero sposata con un direttore d’orchestra).
Amo profondamente l’Italia e considero tutt’ora (nonostante i tanti problemi), che sia il miglior paese al mondo per vivere. Ho dovuto tornare in Argentina, ma sarei rimasta per tutta la mia vita a Verona.
In ogni caso, sebbene l’attività corale non goda di un ruolo di primo piano, ho constatato quanto sia progredita la situazione, dall’epoca in cui mi sono trasferita fino ad oggi. Ci sono stati eccellenti maestri, come Piergiorgio Righele e Roberto Gabbiani, che in quegli anni hanno fatto molto per la coralità italiana. Oggi, a Verona, Matteo Valbusa sta facendo un fantastico lavoro musicale e organizzativo. E Mario Mora – che non conosco personalmente – è un riferimento prestigioso per l’attività corale con i bambini.
Infine, mi ha sorpreso la qualità dei Concorsi corali italiani, Arezzo e Gorizia. Eccellente la loro organizzazione. Aspetto organizzativo che sarebbe ottimo al servizio dei cori italiani.

M. Zuccante: A Verona, hai fondato diverse realtà corali. In quali particolari direzioni hai indirizzato il tuo lavoro? Quali sono state le difficoltà iniziali e quali le soddisfazioni che ricordi con più piacere?

L. Vallesi: Ho dato vita al Coro di bambini di Bure e allo Studio Corale. E come struttura portante dello Studio Corale, nel 2008 ho fondato gli Appunti Corali. Abbiamo istituito l’Associazione Suite, nella quale, ai due cori, si è unita un’orchestra. Ho sempre lavorato con Cecilia Trucchi e tutt’ora abbiamo progetti insieme. Francamente, quello che ora ricordo con più orgoglio e piacere, è come è nato lo Studio Corale, mio amatissimo coro.
In Argentina ero abituata al fatto che le Istituzioni avevano al loro interno un coro, a cui offrivano appoggio logistico, nonché uno stipendio al direttore. Fin da subito, mi sono resa conto che in Italia non era così. Non importava. Avrei comunque avuto un mio coro. Come? non lo sapevo, ma non mi immaginavo senza di esso.
I primi tempi non parlavo la lingua, non conoscevo nessuno. Una vicina di casa mi ha contattato per conto di una scuola, la quale mi ha messo a disposizione un’aula per le prove di un coro ancora inesistente! Per 15 giorni ho pubblicato un annuncio sul giornale per le audizioni. Primo sbaglio, all’epoca. Non è venuto nessuno! L’ultimo giorno sono venute due sorelle (che tutt’ora cantano nel coro). Il passaparola ha fatto sì che, dopo 5 mesi dalle audizioni, abbiamo fatto il nostro primo concerto. Che soddisfazione!

M. Zuccante: Alla luce delle tue aspettative e della tua esperienza, che bilancio fai della coralità italiana? Parla sinceramente degli aspetti positivi e negativi, che hai riscontrato nel periodo di permanenza nel nostro paese.

L. Vallesi: Credo che in Italia – mi riferisco agli anni ’80 e ’90 – una persona con solo qualità musicali (e non), fondava un coro, senza essere in possesso di alcun tipo di formazione specifica. Motivo per cui molti cori sono stati condotti a cantare senza avere la consapevolezza della preparazione. Tanta buona volontà, ma ciò non basta. Col passare del tempo, ho notato che ci si è occupati della formazione del direttore. Problema che non si risolve da un giorno all’altro, ma che è stato affrontato e con ottimi risultati.
Credo che le istituzioni pubbliche e private italiane, dovrebbero farsi carico di sostenere l’attività corale. Non si rendono conto che è un’impresa veramente conveniente.
A Mendoza, la mia città, esistono cori che dipendono dalle università, dalle scuole, dai club, dalle banche, dalle biblioteche. Esiste persino il coro dell’Ospedale spagnolo. Sarebbe meraviglioso se in Italia si pensasse al coro come attività aggregante di ogni istituzione. In Argentina esiste addirittura una legge nazionale sull’attività corale. E ci sono anche le scuole corali (elementari, medie e superiori), in cui gli alunni frequentano una scuola ad indirizzo corale. All’università c’è il dipartimento di direzione corale, dal quale escono direttori formati. Ogni scuola, infine, ha un coro.
Io stessa, in questo momento, ho il Coro di bambini della Scuola Italiana XXI aprile, a Mendoza. In Italia, al contrario, non sono mai riuscita a creare un coro in una scuola, nonostante abbia avanzato tantissime proposte.

M. Zuccante: Spinta da quali nuove prospettive ti sei decisa per il ritorno in Argentina? In quali progetti si è concretizzata la tua attività artistica e didattica in questi ultimi anni?

L. Vallesi: Come ti dicevo prima, qui in Argentina ci sono molti cori, tra cui quelli professionali. Una realtà che mi offre l’opportunità di ritornare e dirigere il Coro Universitario, i cui 56 elementi sono stipendiati. E’ chiaro che, avendo un organico di 56 persone, 2 segretari, fotocopie, pianoforte e tutto ciò che occorre ad un coro per funzionare bene, ho potuto concretizzare progetti musicali molto belli. Non ultimo quello di ricevere uno stipendio interessante. L’incarico del direttore di coro è pareggiato a quello di un professore universitario con mansione esclusiva.

M. Zuccante: Nelle tue scelte musicali, in quale repertorio ti senti a miglior agio? Inoltre, in virtù delle tue competenze e della tua sensibilità, a quale tipo d’organico corale ti senti più vicina?

L. Vallesi: La musica contemporanea mi ha sempre attratta molto. Mi incuriosisce molto, ma soprattutto mi diverte molto. Non posso negare che quando eseguo i Liebeslieder di Brahms, o Mendelssohn o il repertorio romantico in generale, ringrazio ogni volta di essere una musicista. Il coro misto è l’organico perfetto, perché puoi anche dividere il gruppo in coro maschile e coro femminile. Realizzo, quindi, i programmi mettendo in successione brani per voci maschili, femminili e miste. Ma il mio grande amore sono le orchestre sinfoniche. Ho diretto varie volte qui ed anche in Italia. Il repertorio orchestrale mi affascina.

M. Zuccante: Infine, Lucia, ti chiedo di delineare – per quanto sia possibile in poche battute – la realtà corale attuale argentina e, più in generale, latinoamericana: cori, direttori di coro, compositori, organizzazioni.

L. Vallesi: Indubbiamente in America del Sud e America del Nord con tanti cori ed orchestre, i compositori hanno l’opportunità che i loro brani vengano eseguiti, e non rimangano in un cassetto. Inoltre, a causa del gran numero di realtà corali, ogni direttore vuole proporre qualcosa di originale nei suoi programmi. Ciò costituisce un grande incentivo per i compositori. Ci sono concorsi nazionali di composizione corale ed anche un concorso di arrangiamento per coro.
Le organizzazioni musicali sono sempre statali. Nelle università c’è il corso di direzione corale (a Mendoza fu istituito da mio papà). A La Plata, nel corso di direzione orchestrale potevamo contare su una piccola orchestra di 25 musicisti. Questo è molto importante nella vita professionale. Molti direttori si avviano alla direzione orchestrale facendo la loro esperienza direttamente con i professionisti. Personalmente penso che ci si deve preparare in profondità prima di affrontare un’orchestra. Lo stesso dicasi per i direttori di coro.
Sono tantissimi i compositori latinoamericani e veramente meravigliosi. Osvaldo Golijov, per esempio (carissimo compagno di studi a La Plata – molto divertente!), è un compositore sicuramente di alto livello. Penso che ci siano tanti compositori al mondo che hanno realizzato tantissimi brani meravigliosi, ma in America latina i brani nuovi sono una bella sfida. Vedere la reazione del coro, del pubblico, è meraviglioso! La tendenza in Italia, invece, è quella di mettere in repertorio solo quello che è collaudato. Ma allora, per chi scrive il compositore?

Lucia Vallesi

M. Zuccante, “Attende coelum” (da “Come polvere sulla bilancia”), Coro Istitutioni Harmoniche, L. Vallesi, dir. (2005)


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Calendario pascoliano – “In chiesa”

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MAGGIO

IN CHIESA

Sciama con un ronzio d’api la gente
dalla chiesetta in sul colle selvaggio;
e per la sera limpida di maggio
vanno le donne, a schiera, lente lente;

e passano tra l’alta erba stridente,
e pare una fiorita il lor passaggio:
le attende a valle tacito il villaggio
con le capanne chiuse e sonnolente.

Ma la chiesetta ancor nell’alto svaria
tra le betulle, e il tetto d’un intenso
rossor sfavilla nel silenzio alpestre.

Il rombo delle pie laudi nell’aria
palpita ancora; un lieve odor d’incenso
sperdesi tra le mente e le ginestre.



GENNAIO “Nevicata”
FEBBRAIO “Viole d’inverno”
MARZO “La pieve”
APRILE “Canzone d’Aprile”
GIUGNO “Patria”
LUGLIO “I puffini dell’Adriatico”
AGOSTO “Il lampo”
SETTEMBRE “O vano sogno”
OTTOBRE “Sera d’Ottobre”
NOVEMBRE “Novembre”
DICEMBRE “Notte di neve”

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Calendario pascoliano – “Canzone d’Aprile”

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APRILE

GZuccante-04-Aprile

CANZONE D ‘APRILE

Fantasma tu giungi,
tu parti mistero.
Venisti, o di lungi?
ché lega già il pero,
fiorisce il cotogno
laggiù.

Di cincie e fringuelli
risuona la ripa.
Sei tu tra gli ornelli,
sei tu tra la stipa?
Ombra! anima! sogno!
sei tu . . . ?

Ogni anno a te grido
con palpito nuovo.
Tu giungi: sorrido;
tu parti: mi trovo
due lagrime amare
di più.

Quest’anno . . . oh! quest’anno,
la gioia vien teco:
già l’odo, o m’inganno,
quell’eco dell’eco;
già t’odo cantare
Cu . . . cu.



GENNAIO “Nevicata”
FEBBRAIO “Viole d’inverno”
MARZO “La pieve”
MAGGIO “In chiesa”
GIUGNO “Patria”
LUGLIO “I puffini dell’Adriatico”
AGOSTO “Il lampo”
SETTEMBRE “O vano sogno”
OTTOBRE “Sera d’Ottobre”
NOVEMBRE “Novembre”
DICEMBRE “Notte di neve”

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Calendario pascoliano – “La pieve”

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MARZO

GZuccante-03-Marzo

LA PIEVE

Giorno d’arrivi il tuo, san Benedetto:
ecco una prima rondine che svola.
E trova i pioppi nella valle sola,
la grande pieve, il nido piccoletto.

Razzano i vetri; l’occhio del coretto
nereggia sotto un ciuffo di vïola:
ecco la cigolante banderuola,
gli embrici roggi del loquace tetto.

E di saluti sonano le gronde
e il chiuso, dove il cielo è vaporato
da un rosseggiar di peschi e d’albicocchi.

E la rondine stridula risponde
alïando con lievi ombre: sul prato
le segue un cane co’ fuggevoli occhi.



GENNAIO “Nevicata”
FEBBRAIO “Viole d’inverno”
APRILE “Canzone d’Aprile”
MAGGIO “In chiesa”
GIUGNO “Patria”
LUGLIO “I puffini dell’Adriatico”
AGOSTO “Il lampo”
SETTEMBRE “O vano sogno”
OTTOBRE “Sera d’Ottobre”
NOVEMBRE “Novembre”
DICEMBRE “Notte di neve”

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Calendario pascoliano – “Viole d’Inverno”

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FEBBRAIO

GZuccante-02-Febbraio

 VIOLE D’INVERNO

– D’onde, o vecchina, queste vïolette
serene come un lontanar di monti
nel puro occaso? Poi che il gelo ha strette
tutte le fonti;

il gelo brucia dalle stelle, o nonna,
ogni foglia, ogni radica, ogni zolla –
– Tiepida, sappi, lungo la Corsonna
geme una polla.

Là noi sciacquiamo il candido bucato
nell’onda calda in mezzo a nevi e brine;
e il poggio è pieno di vïole, e il prato
di pratelline –

Ah! . . . ma, poeta, non ancor nel pio
tuo cuore è l’onda che discioglie il gelo?
non è la polla, calda nell’oblio
freddo del cielo?

Ché sempre, se ti agghiaccia la sventura,
se l’odio altrui ti spoglia e ti desola,
spunta, al tepor dell’anima tua pura,
qualche vïola.



GENNAIO “Nevicata”
MARZO “La pieve”
APRILE “Canzone d’Aprile”
MAGGIO “In chiesa”
GIUGNO “Patria”
LUGLIO “I puffini dell’Adriatico”
AGOSTO “Il lampo”
SETTEMBRE “O vano sogno”
OTTOBRE “Sera d’Ottobre”
NOVEMBRE “Novembre”
DICEMBRE “Notte di neve”

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