Sandro Filippi – intervista

Sandro_FilippiM. Zuccante: Caro Sandro, vorrei iniziare questo nostro colloquio con una riflessione sulla specificità – se esiste – del canto corale in Trentino. Pensi che la coralità trentina possa a tutt’oggi identificarsi prevalentemente con la tradizione del coro virile di tipo alpino, oppure che accanto a questo modello si stiano radicando sul territorio altre tipologie corali ed altri repertori? E come ti sembra che gli uni e gli altri coesistano?

S. Filippi: Per quanta riguarda il canto corale cosiddetto “popolare”, chiaramente la SAT ha fatto scuola non solo in Trentino ma anche “fuori le mura”. Questo coro è stato infatti per anni un faro di riferimento per i cori popolari trentini. Ma nell’ultimo ventennio vi è qualche realtà che ha tracciato una nuova via per esprimersi, ottenuta soprattutto con lo studio di nuovi repertori che si discostano di molto dal modello SAT. Anche la coralità “classica” esprime un notevole numero di cori, in modo particolare cori misti. In questo settore credo manchi però una certa identificazione, data soprattutto dalla ricerca di un repertorio che caratterizzi la coralità trentina. In Trentino ma anche in Italia i nostri cori polifonici fanno fatica ad esempio a far convivere il canto popolare nostrano con il grande repertorio classico; cosa che invece risulta normale nei cori nordici. Sono fermamente convinto che tale aspetto ai nostri giorni dovrebbe essere superato. Alcune elaborazioni nulla hanno infatti da invidiare ad una partitura corale del Novecento, anzi a volte possono essere più difficili. Tornando quindi alla coralità trentina, il repertorio popolare – se ben elaborato – oltre ad essere “patrimonio che vive” potrebbe diventare fonte di curiosità e di stimolo, oltre a creare un repertorio “nostrano” sarebbe oggetto di indagine ad esempio per una ricerca di suono che identifichi i cori trentini. Ricca è infatti la semantica che esprimono i vari dialetti. Penso alla Valle di Non e alla Valle di Fassa ma anche alle minoranze germanofone come i Cimbri e la Valle dei Mocheni. Noto invece con curiosità e con interesse il percorso di alcuni cori di voci bianche e giovanili che fanno ben sperare per la futura coralità trentina; è un percorso che si delinea soprattutto per alcune formazioni corali nella ricerca sempre fresca e originale di repertorio.

M. Zuccante: Il coro alpino è indubbiamente un’invenzione tutta trentina. Un prodotto culturale che ha una grande rilevanza nel più ampio contesto dell’immagine della provincia. Ritieni che i tratti stilistici che lo caratterizzano – prassi esecutiva e forme di arrangiamento dei canti – vadano preservati nella loro ormai remota norma originale (conformemente al modello del Coro della SAT, per intenderci), o auspichi un superamento della tradizione?

S. Filippi: Sicuramente il repertorio che il Coro della SAT, nei suoi ormai oltre 85 anni di attività, ci ha tramandato quale enorme patrimonio è un repertorio che ha radici profonde nel tempo, fa quindi parte come il DNA delle persone trentine e non solo. E’ un repertorio che nel tempo ha lasciato il segno e sicuramente anche nel futuro questo repertorio che possiamo ormai definire “classico” non passerà inosservato. Ma sono altrettanto convinto che non ci si possa fermare lì. Se siamo consapevoli che la società si è evoluta molto e quindi è sempre più difficile pensare di poter portare alla luce ancora delle melodie popolari, è altrettanto vero che ciò cha abbiamo raccolto lungo tutto il secolo precedente possa essere ancora rivisitato, come ad esempio hai fatto tu con la realizzazione di alcune melodie fra le più note del repertorio SAT nella versione per coro misto e quartetto d’archi: l’accostamento degli strumenti va ad evidenziare ancora di più che cosa trasmettono queste immagini poetico-sonore. Ma il tuo non è certamente un caso isolato. Si pensi ad esempio alla realizzazione dei Folk Song da parte di Luciano Berio per voce ed ensemble strumentale; ed ancora, in una delle sue ultime opere scritte poco prima di morire, elabora E se tu fossi pisci, melodia popolare siciliana, mettendo in evidenza con l’uso del parlato – e non solo – alcuni momenti salienti della parola.

M. Zuccante: Il mestiere di arrangiatore per coro di canti della tradizione popolare è solo uno degli aspetti della tua attività di compositore. Vuoi accennare ora a quali altri settori della composizione è indirizzata la tua produzione?

S. Filippi: Devo ammettere che l’elaborazione popolare occupa una bella parte di quanto ho composto. E’ sempre stato per me uno stimolo elaborare del melos popolare, al di là dell’esecuzione. L’idea di partire da una semplice melodia e vedere che cosa ne può scaturire mi ha sempre incuriosito molto, anche sulla spinta di vari concorsi di composizione nei quali viene richiesto da bando di elaborare delle melodie date. Poi ancora non posso negare di essere stato molto influenzato dal nostro comune maestro di composizione Renato Dionisi. Per quanto riguarda invece l’aspetto compositivo nel repertorio sacro, il melos gregoriano è fonte inesauribile per elaborare delle idee. Infatti in diverse mie partiture alcuni frammenti gregoriani sono stati la guida per comporre; mentre sul repertorio profano alcuni testi di Giuseppe Calliari (penso a Wolley, Piccoli quadri vocali per coro di voci bianche e Frammenti Amorosi) mi hanno colpito fin da subito ed è stato per me immediato mettermi a scrivere. Ma anche l’elaborazione di materiale popolare realizzato per banda e voce mi ha stimolato molto: poter usare la tavolozza ricchissima di colori che offre una Simphonic band è risultato altrettanto stimolante già sul versante compositivo (prima ancora dell’ elaborazione), partendo da un piccolissimo segmento melodico di tradizione orale.

M. Zuccante: Nell’ambito delle composizioni originali, quali ritieni siano stati i tuoi punti di riferimento degli anni di apprendistato e come ti collochi (mi riferisco alla tipologia di scrittura, allo stile e ai contenuti poetico-espressivi) nel panorama della musica corale attuale?

S. Filippi: Per quanto riguarda le mie partiture originali devo dire che la letteratura corale ungherese – ed in particolar modo Bartók, Kodály fin su a Ligeti – è sempre stata per me un punto di riferimento, in modo particolare le composizioni per coro a cappella di Ligeti come Lux aeterna o i Nonsense Madrigal. Ma anche alcune opere corali a cappella di Dallapiccola e Petrassi sono state assolutamente dei punti di riferimento. Chiaramente anche la lezione di Dionisi per quanto riguarda il mio modo di pensare la partitura non posso dire non mi abbia influenzato. Ricordo come Dionisi insisteva sempre di non tirare per le lunghe ma di applicare “la legge del ‘minimo mezzo’: legge economica e legge artistica fondamentale”. Quindi nel panorama italiano mi colloco come un compositore che scrive intanto per il piacere di comporre senza particolari pregiudizi di linguaggio, ma anche nella consapevolezza – avendo alle spalle una buona esperienza artigianale che nel tempo ho potuto forgiare anche come direttore di coro – delle difficoltà esecutive che anche un buon coro amatoriale si trova poi ad affrontare.

M. Zuccante: Ancora una questione per Sandro Filippi compositore. Nella tua esperienza hai verificato che i migliori risultati vengano dallo svolgere un lavoro su commissione – e quindi, tenendo conto delle qualità del coro committente -, o piuttosto dalla libera creatività? Accenna, quindi, nello specifico, ad alcuni lavori che ti hanno dato particolare soddisfazione.

S. Filippi: Dirò che non sono un compositore che ha molte commissioni; tutt’altro, devo dire che lo scrivere è per me un’esigenza che va al di là dell’esecuzione e quindi molte mie partiture sono state scritte per il piacere di mettere giù delle idee. Penso ad esempio a Nana ščeričica che ho avuto il piacere di sentire in una ottima esecuzione a Lubiana dal Coro APZ T. Tomšič diretto da Stojan Kuret. Oppure alla Missa brevis per coro di voci bianche o femminile eseguita dalle Voci Nobili di Bergem dirette da Maria Gambor e ancora dai Piccoli Musici di Casazza diretti da Mario Mora o Noi siamo i tre re cantato ed inciso dal coro dell SAT. Il Corpo Bandistico di Albiano diretto da Marco Somadossi mi ha invece chiesto di lavorare su materiale popolare da strumentare per Simphonic Band e voce. Queste ultime partiture sono state fra l’altro incise per l’etichetta Amadeus in un CD dal titolo Trentino senza tempo.

M. Zuccante: Nel corso degli anni, credo non ti sia mai venuta meno l’aspirazione a confrontarti direttamente con le problematiche dell’esecuzione corale. Sei stato – e tutt’ora sei – alla guida di diverse formazioni. In virtù di questa tua esperienza, quale idea ti sei fatto sul mestiere del direttore di coro? Come si apprende (e come si coltiva nel tempo) quest’arte? E quali sono le qualità che un buon maestro di coro deve possedere?

S. Filippi: Ho incominciato a “fare il domatore di cori” (fra l’altro è una tua frase) ancora nel 1980 alla guida de I Musici cantori di Trento, coro che ho portato avanti fino al 2002. Devo dire che è stata un’esperienza esaltante ed una palestra di formazione assolutamente indimenticabile. Chiaramente la coralità in questi ultimi vent’anni si è evoluta e cresciuta molto. Oggi quindi le esigenze sono diverse, l’aspetto esecutivo tende ad elevarsi e le proposte repertoriali si sono molto ampliate. Il direttore di coro oggi, se vuol ottenere dei risultati, deve avere un bagaglio culturale molto ampio: ritengo che aver svolto studi di composizione, ad esempio, sia fondamentale per poter entrare nelle ‘segrete stanze’ di una partitura. Come tanti altri aspetti che riguardano lo stile, il coro deve saper esprimere il suono in base ai repertori che affronta. Ad esempio deve tenere presente che la vocalità del Rinascimento si sposa molto bene con la vocalità del Novecento e che la vocalità romantica richiede un suono più corposo. Quindi non basta saper gesticolare bene ed avere, come si usa dire, ‘un bel gesto’. Poi al giorno d’oggi devi fare i conti con una società che vuole subito tutto e velocemente, che tradotto in termini più mirati è una società che punta più all’apparire che non a essere. Ecco quindi che si innesca fin da subito la difficoltà di far capire al corista l’importanza di frequentare con assiduità le prove per costruire insieme nel tempo suono, colore, amalgama, intonazione: tutti parametri assolutamente indispensabili per ottenere dei buoni risultati. Se poi lavori su repertori a cappella – che ritengo il momento più esaltante e soprattutto dove un direttore può evidenziare le reali capacità di un coro – allora credo che senza provare molto difficilmente andrai lontano. Certo, saper lavorare sotto il profilo psicologico, dialogare in senso lato e capire le dinamiche che si innescano all’interno del coro è di fondamentale importanza. Devo dire che questa esperienza (almeno per me) riesci a costruirla nel tempo e soprattutto avendo l’umiltà di metterti in postura di ascolto.

M. Zuccante: Recentemente, all’interno del Coro Filarmonico Trentino – il complesso corale del quale rivesti attualmente la responsabilità artistica -, ha preso vita una sezione giovanile. Quali motivazioni ti hanno spinto ad intraprendere questa nuova sfida? 

S. Filippi: Era da tempo che pensavo all’idea di dar vita ad una sezione giovanile. Poi devo dire che la vera spinta è arrivata da parte dei miei tre figli con la collaborazione di alcuni loro amici. Quindi ecco una delle motivazioni, ma sarebbe ben poco. Chiaramente le loro motivazioni erano di stare in gruppo e divertirsi con la musica e la scelta dei repertori: dalle tue elaborazioni di alcune canzoni di De Andrè, alle liriche giovanili di J. Joyce alle elaborazioni fra le più note degli Abba, Mama mia fu di vitale importanza. Ma anche alcune mie elaborazioni di canti popolari realizzati appositamente per loro hanno arricchito il repertorio. Ti dirò che l’esperienza fino ad oggi è stata veramente esaltante sia per l’aspetto umano che artistico. Veder crescere questi ragazzi di mese in mese e vederne via via concretizzare i risultati è stato veramente motivo di grande gratificazione e di gioia anche se in mezzo a non poche difficoltà. Oggi molti di loro sono anche fonte preziosa per completare l’organico del Coro Filarmonico Trentino.

M. Zuccante: A te va riconosciuto il merito di non esserti mai sottratto al confronto nelle competizioni corali. Sottoporre te stesso ed il coro al giudizio di colleghi musicisti può rivelarsi una decisione a volte appagante, a volte scoraggiante. Prova a parlarne.

S. Filippi: L’ultimo concorso riguarda la sezione giovanile del Filarmonico con la quale abbiamo partecipato alla prima edizione per cori giovanili al Concorso nazionale di Vittorio Veneto nel 2010. Edizione fra l’altro – a detta degli organizzatori – di qualità molto alta ed in particolare in questa sezione, che vedeva presenti ben 12 cori. Ci siamo piazzati a metà della graduatoria e siamo comunque rimasti contenti, dato che siamo nati nel 2008. Ma visto che parliamo di Vittorio Veneto, non posso dimenticare quando appena venticinquenne con un coro femminile (direi più ancora verso le voci bianche ) nel lontano 1983 – era la prima volta che partecipavo ad un concorso, quindi privo di esperienza e con tanta ingenuità – rimasi felicemente sorpreso nell’ottenere un secondo premio con primo non assegnato nella categoria cori femminili. Non mi sembrava vero. Tale piccolo risultato fu motivo di grande sprone per il mio futuro di direttore. Ricordo ancora questo momento nei minimi dettagli e con grande affetto.

M. Zuccante: Sempre nell’ambito dei concorsi corali ti sei spesso trovato nei panni opposti del giurato. Con quale atteggiamento affronti questo diverso e delicato ruolo?

S. Filippi: Intanto cerco di non lasciarmi influenzare da cori (se ve ne sono) che conosco e mi pongo fin da subito in posizione di ascolto senza nessun pregiudizio. Poi è chiaro che negli anni ti sei fatto ad esempio (ed è uno ma non l’unico dei parametri importanti) un’idea del suono che ti puoi aspettare, ma senza dogmatismi. Nel giudicare un coro sono sempre più convinto si debba incominciare nel mettere in discussione il tuo modo di pensare al coro, che non deve essere per forza anche quello di altri. Così saremmo tutti standardizzati e per tanti aspetti questo succede. Ad esempio lo noti nelle scelte repertoriali: in tanti direttori manca la curiosità di cercare del repertorio che sia adatto alle possibilità del proprio coro e che nel contempo esprima un contenuto artistico elevato che tenda a far crescere il gruppo. Poi sono dell’idea che il concorso fine a se stesso rischia di non dare nessun motivo di stimolo per i cori. Sono sempre più convinto che i concorsi attraverso la stesura dei bandi debbano diventare per i cori dei momenti di vera crescita e non un puro momento agonistico, dove la graduatoria che viene stilata mette solo a nudo e crudo i vinti e i vincitori. Ben vengano quindi incontri o festival o momenti come ‘Coro vivo’ nei quali il coro si può esprimere con progetti ben preparati ed anche collaudati con brani che fanno parte del repertorio del coro da tempo.

M. Zuccante: Ci avviamo, Sandro, alla conclusione e rimane un altro aspetto della tua attività di musicista che vale la pena di approfondire. Da veterano docente di Conservatorio, vorrei da te una valutazione in merito al seguente argomento. C’è stata negli anni una positiva evoluzione nell’ambito della formazione dei direttori di coro? Il Conservatorio, insomma, è oggi in grado di offrire un percorso didattico adeguato a soddisfare le esigenze di chi si appresta ad intraprendere questa attività?

S. Filippi: Il Conservatorio («dove si conserva tutto» era una delle frasi lapidarie di Dionisi), a parte la struttura muraria, vive perchè i docenti lo fanno vivere. Non in tutti i Conservatori italiani è presente la cattedra di Musica corale e direzione di coro ma questo non è un motivo sufficiente perchè non si possa respirare il mestiere del direttore di coro. Se nello stesso Conservatorio privo di questa cattedra vi è ad esempio il docente di Esercitazioni corali, o ancora quello di Direzione di coro per didattica della musica che sa fare bene il suo mestiere e trasmette la gioia di fare coro, anche questo prezioso tassello nel grande puzzle della struttura organizzativa di un Conservatorio potrà essere più che sufficiente per invogliare studenti ad intraprendere questa direzione. Tanti ottimi direttori di coro (non voglio fare nomi per non lasciarne fuori qualcuno) che ormai da anni sono in piena attività  si sono formati all’interno di queste istituzioni. Ma sicuramente si potrebbe e si dovrebbe ancora fare di più.

SFilippi4Sandro Filippi




S. Filippi, “Nana ščeričica”, Coro APZ T. Tomšič, S. Kuret, dir.
Ha studiato con Renato Dionisi, Bruno Zanolini, Carlo Pirola. Si è diplomato presso il Conservatorio di Milano in “Composizione polifonica vocale” e in “Strumentazione per banda” e presso il Conservatorio di Verona in “Musica corale e direzione di coro”.
Ha diretto per molti anni il coro “I Musici cantori” di Trento con i quali ha svolto una intensissima attività concertistica vincendo in concorsi nazionali e internazionali (Vittorio Veneto, Arezzo ecc.). È stato inoltre direttore de “Le Istitutioni Harmoniche” di Verona e del coro polifonico “R.Lunelli”. È stato direttore artistico dell’Accademia Musicale S. Giorgio di Verona e del coro da camera annesso alla stessa. È inoltre fondatore e direttore del Coro Filarmonico Trentino. Alla direzione di quest’ultimo nell’ambito del Bolzano Festival Bozen ediz. 2008 ha eseguito in Prima esecuzione mondiale la Missa I. quatuor vocibus cantanda op. 34 e l’Ave Maria a 4 voci Kind. 95 di F. Busoni.
Fa parte della Commissione artistica della Fondazione coro SAT ed è consulente artistico dell’ASAC. Viene regolarmente invitato quale membro di giuria in concorsi corali che di composizione sia nazionali che internazionali.
È titolare della cattedra di Direzione di coro e repertorio corale per la scuola di didattica della musica presso il Conservatorio “Monteverdi” di Bolzano.
Come compositore collabora con alcune riviste specializzate tra cui La Cartellina diretta da Marco Boschini.
Compositore prolifico si dedica prevalentemente alla musica corale con numerose composizioni di carattere sacro – profano e con eguale competenza alle elaborazioni per coro misto, maschile e voci bianche di canti popolari provenienti dalla tradizione arcaica italiana. Nell’ambito della composizione corale ha ottenuto numerosi primi premi a concorsi nazionali ed internazionali (Concorso internazionale di composizione “Ivan Spassov ” a Plovdiv Bulgaria), Concorso di composizione ” Paolo Valenti- Musica e Sport ” a Roma; Concorso nazionale Città di Pontremoli 2001 per la didattica; il concorso di elaborazione corale città di Biella, Salisburgo, ecc..). Diversi suoi lavori sono stati eseguiti sia in Italia che all’estero dai cori “Tone Tomsic” di Lubiana, “Voci Nobili” di Bergen, “I Piccoli Musici di Casazza”, “I Minipolifonici” di Trento, coro della SAT, la Corale Zumellese di Mel dal Coro Giovanile Italiano e dal Corpo Bandistico di Albiano. Oltre a composizioni per coro ed elaborazioni di canti popolari, ha scritto per organo e pianoforte, per organici cameristici. Sue opere sono state scelte come brani d’obbligo in concorsi corali nazionali ed internazionali.
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