ÉJSZAKA – REGGEL
per coro misto a cappella (1955)
di György Ligeti
Sono le ultime composizioni del periodo ungherese, prima del volontario esilio in occidente. Nel definitivo trasferimento, Ligeti portò con sé questi due brani, insieme a poche altre partiture. Éjszaka – Reggel [Notte – Mattino] manifestano, in embrione, alcuni tratti inconfondibili del linguaggio del compositore ungherese. Disse, infatti, lo stesso Ligeti: «stilisticamente, questi due piccoli pezzi corali hanno un significato cruciale, poiché documentano esattamente il passaggio dalla tradizione bartókiana alla formazione di un mio stile maturo – polifonia complessa e superfici sonore». Si osservi il profilo della texture di Éjszaka. Sembra una pagina di Volumina.
Il testo di Éjszaka – Reggel è tratto da un componimento poetico di Sándor Weöres. I versi – ricchi di immagini altamente evocative – possono essere letti anche in chiave simbolica: fine di un’era oscura e sopraggiungere di un’era luminosa. L’opposizione dei due significati letterari è associabile alle contrapposizioni nette della materia musicale, carattere specifico dello stile di Ligeti.
Éjszaka
Una foresta di spine: silenzio immenso,
Nel silenzio che mi circonda, il mio
cuore batte.
Notte
Reggel
Ding, dong, già suonano le campane all’alba.
Il giorno si rischiara al suono del chichirichì:
E’ mattino! Ding, dong! E’ già mattino!
Éjszaka si apre con lo sviluppo di un climax canonico a parti strette per terze parallele; diatonico, ma fortemente dissonante. L’effetto sonoro si avvicina a quello di un illusorio continuum statico (anticipazione di una tecnica che lo stesso autore denominerà “micropolifonia”): «rengeteg tövis» [una foresta di spine]. Al raggiungimento del culmine (fortissimo), un improvviso scarto dinamico-timbrico determina un’immediata svolta in ambito pentatonico: «csönd» [silenzio]. Si tratta di un “gesto-evento” sonoro destinato a diventare un connotato stilistico tipico del linguaggio di Ligeti.
Lo stringato recitativo dei soprani: «Én csöndem szívem dobogása…» [Nel silenzio che mi circonda, il mio cuore batte…] richiama le spettrali sonorità notturne bártokiane. Appena un accenno melodico-espressivo, prima del profondo tonfo delle voci maschili, con cui si conclude il pezzo: «Éjszaka».
Passiamo a Reggel. Dopo l’echeggiare di un vivace scampanìo, ecco un’altra tipica, netta cesura. Una filigrana rapida e leggera di note ribattute: «Az idöt bemeszeli a korai kikeriki» [Il giorno si rischiara al suono del chichirichì], un’anticipazione di futuri pattern “meccanico-ritmici”, complessi, illusori ed allucinanti.
Un ultimo richiamo (questa volta ancor più ravvicinato) dei rintocchi iniziali. Potenti ottave in andamento allargato, incorniciate da “note-pedale” (la), in fortissimo. Quindi, conclusione luminosa sulla quinta vuota re-la.
Topoi sonori ligetiani
“Micropolifonia”, da Drei Phantasien nach Friedrich Hölderlin (1982), n. 1
“Scarto timbrico-dinamico”, da Drei Phantasien nach Friedrich Hölderlin (1982), n. 3
“Pattern meccanico-ritmico”, da Drei Phantasien nach Friedrich Hölderlin (1982), n. 2
György Ligeti, Éjszaka – Reggel (1955), per coro misto a cappella