SARÀ DOLCE TACERE
per 8 voci a cappella (1960)
di Luigi Nono
Tra il 1955 e il 1960, Luigi Nono lavora al rinnovamento della scrittura corale. In particolare, esplora modi per creare, attraverso la polivocalità, nuovi campi sonori. Questi particolari campi sonori sono dati dalla frammentazione sillabica e fonetica della parola. Si tratta di un procedimento che riduce drasticamente la comprensione del testo a livello semantico, ma accresce enormemente le risorse musicali.
In Sarà dolce tacere (1960), per 8 voci a cappella, su testo di Cesare Pavese, dedicato a Bruno Maderna, possiamo notare come la frammentazione di alcune singole parole generi campi sonori che intensificano le potenzialità espressive della parola stessa.
Un primo esempio è dato dalla parola «tace», le cui sillabe («ta», «ce») vengono dapprima spezzate tra le voci, e, quindi, ulteriormente parcellizzate, isolandone i singoli fonemi vocalici («a», «e»). I punti fonetici, mischiati ai suoni “a bocca chiusa”, vanno a formare un grumo sonoro che si estingue nel silenzio.
Un altro esempio è costituito dalla parola «silenzio». Ciascuna sillaba spezzata («si», «len», «zio») è accompagnata dal suo riverbero fonetico («i», «n», «o»), in un rapido decrescendo che va dal forte al pianissimo.
In un terzo esempio, si nota l’espressione «parole», in cui il prolungamento fonetico di una sillaba si sovrappone alla sillaba successiva («pa – a», «ro – o», «le»).
Particolarmente suggestiva la conclusione del brano. Un accordo di 8 suoni rimane fisso per una decina di battute. Le sillabe del testo («un acceso silenzio brucerà la campagna come i falò la sera») scorrono fra le voci e si alternano a fonemi vocalici, a suoni a bocca appena aperta, o chiusa. La massa sonora si sfoltisce, fino al rimanere di una singola voce.
A questo flebile suono si aggancia, come fosse un ultimo bagliore sonoro, una coda di puri suoni, che è un fiamminghismo: un canone speculare tra un semicoro e l’altro, traccia sparuta degli studi sulla polifonia rinascimentale, che il compositore veneziano condusse insieme a Bruno Maderna.
Insomma, Sarà dolce tacere segna una tappa significativa nella ricerca di una nuova vocalità, che Luigi Nono mise in campo sin dagli anni cinquanta e che proseguirà fino agli esiti radicali degli anni ottanta, in cui la complessità del rapporto parola-musica-suono verrà scandagliato nelle sue connessioni più profonde, al limite della percezione (“tragedia dell’ascolto”).
Anche tu sei collina
e sentiero di sassi
e gioco nei canneti,
e conosci la vigna
che di notte tace.
Tu non dici parole.
C’è una terra che tace
e non è terra tua.
C’è un silenzio che dura
sulle piante e sui colli.
Ci sono acque e campagne.
Sei un chiuso silenzio
che non cede, sei labbra
e occhi bui. Sei la vigna.
È una terra che attende e non dice parole.
Sono passati giorni
sotto cieli ardenti.
Tu hai giocato alle nubi.
È una terra cattiva –
la tua fronte lo sa.
Anche questo è la vigna.
Ritroverai le nubi
e il cannetto, e le voci
come un’ombra di luna.
Ritroverai parole
oltre la vita breve
e notturna dei giochi,
oltre l’infanzia accesa.
Sarà dolce tacere.
Sei la terra e la vigna.
Un acceso silenzio brucerà la campagna
come i falò la sera.
Cesare Pavese, Anche tu sei collina, da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” (1951)