Ho riascoltato, ieri sera, la versione di Sui monti Scarpazi, nell’adattamento che ho realizzato, da coro misto e quartetto d’archi, a coro femminile e pianoforte. L’occasione è stata un evento musicale, in cui l’Ensemble femminile I Piccoli Musici, diretto da Mario Mora, ha voluto riproporre i canti della Grande Guerra.
Ancora una volta, un’esecuzione raffinata e commovente.
Ma, tornando a Sui monti Scarpazi, ho fatto la seguente riflessione.
Fra tutte le canzoni italiane che rievocano la Grande Guerra – “… dall’altra e da questa parte”, vd. precedente post – , Sui monti Scarpazi esprime, meglio di altre, il tragico destino che si abbatté sulle donne durante, ma soprattutto dopo, il conflitto.
Sui monti Scarpazi è un piccolo requiem al femminile.
E’ pertanto doveroso restituire alla voce delle donne il pathos di questa toccante melodia.
Quando fui sui monti Scarpazi
miserere sentivo cantar
t’ho cercato fra il vento e i crepazi,
ma una croce soltanto ho trovà.
O mio sposo eri andato soldato
per difendere l’imperator,
ma la morte quassù hai trovato
e mai più non potrai ritornar.
Maledeta la sia questa guera
che mi ha dato sì tanto dolor,
il tuo sangue hai donato a la tera,
hai distrutto la tua gioventù.
Io vorei scavarmi una fossa
sepelirmi vorei da me
per poter colocar le mie ossa
solo un palmo distante da te.